“Il linguaggio sconosciuto ha sempre attratto la mente umana, attraverso sogni, desideri… Attraverso la mia fotografia, vi lascio la gustosa sensazione di esaudirne quanti di più intensi mai provati, liberi, senza regole.” Alex Gallo
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Alex quali sono state le tue prime esperienze? Quando hai iniziato a fotografare?
Innanzitutto vi ringrazio per esservi immersi tra le mie visioni. Incominciai esattamente 11 anni fa. Mi interessai al reportage urbano e lavorai freelance per testate giornalistiche: eventi, foto-giornalismo, cronaca… e, tra le varie esperienze, conobbi un fotografo siciliano che viveva a Parigi. Fu lui il mio mentore iniziale, mi fece conoscere la fotografia metropolitana. Bravissimo nel bianco/nero, ricordo ancora le sue parole: “guarda sempre, fai belle foto qui sotto, e saprai fotografare dovunque.” Grande personaggio!
Affermi di avere come obiettivo quello di disvelare i “lati più complessi e oscuri della natura umana”. Perché la scelta della fotografia e nello specifico di una fotografia “diabolica, cruda, molesta e urtante” e non della pittura? Certo quella che tu definisci “oggettività” della fotografia riesce a incidere maggiormente sull’immaginario di chi fruisce delle tue opere…
Io arrivo dall’Accademia, penso però che la fotografia sia più immediata rispetto a qualsiasi arte, più d’impatto. Soprattutto per uno come me, che vive di visioni surreali, vivido erotismo. Un cannibale emotivo. Cruda e cruenta, perché è “necessario quanto inevitabile” far aprire gli occhi alla massa, mostrandole, senza filtri, la realtà nella sua vera bellezza recondita. L’immaginario è il nostro primo lavoro primordiale, senza di esso non esistono i sogni, e senza i nostri cassetti analitici siamo corpi senza anima, vuoti o peggio, pieni di gas sulfurei; e noi dobbiamo svuotarci per poi esser nuovamente riempiti di essenzialità.
Il corpo della donna è plastico, dinamico anche se è un corpo che ha cicatrici, segnato da aghi, non privo di incisioni. In che senso il tuo progetto di svelamento di quell’oscurità passa per l’esposizione dei corpi?
Proprio in virtù del fatto che tutto è in trasformazione, il corpo riflette la natura e tutto è in evoluzione, è in mutazione; necessariamente e automaticamente il corpo manifesta l’interiorità; c’è chi percepisce tutto ciò, chi no.
Il tuo progetto “Agape” è disturbante anzitutto per la distanza fra il tuo sguardo e l’oggetto. La scelta di inquadrature così strette, la scelta per un primissimo piano è una sorta di chiamata per lo spettatore: si è come trascinati all’interno dei quadri. Puoi spiegarci la necessità di tale scelta?
Disturbante dici? Secondo me voi giornalisti siete fin troppo emotivi… “Agape” significa Amore, anche proprio il fatto di avvicinarsi in modo cosi microscopico al soggetto dà un significato affettivo potente: io lo trovo amorevole sotto molti punti di vista, ma allo stesso tempo misterioso, stimola notevolmente il subconscio. Un “allunaggio”, un paesaggio nuovo, e poi a me piace addentrarmi, sono stato nominato come artista INTRAUTERINO: questo è il mio obiettivo da sempre. “Agape” è la continuità microdermica del mio percorso. All’interno di “Agape” nulla è lasciato al caso: i colori, le strutture, le immagini seppur differenti tra loro combaciano in una sequenza e una ricerca tecnica pensata e ben progettata.
Per il futuro hai in mente qualche nuovo progetto? O stai già lavorando a qualcosa ?
Non mi fermo mai, ogni giorno è per me un’esperienza, una crescita. Per mia fortuna ho modo di nutrirmi quotidianamente. Visioni d’ogni tipo passano tra me e il mio corpo, come potete vedere in modo sempre carnale… Inoltre andrò avanti con “Agape”, ho già ottimi riscontri con proposte espositive proprio per il loro forte impatto d’immagine, comunicativo, tecnico ed emozionale.
Volevo cogliere l’occasione per ringraziare le modelle che partecipano a questo progetto passionale: Sandra, Rain, Eve, Veronica, Aral, Roby, Valentina, Letizia, Corinne, grazie del vostro prezioso avvicinamento.
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Agape
“Le immagini di “Agape” sono in gran parte sconosciute, da scoprire, una cura tecnica sicuramente particolare, attenta, microscopica e ancora più INTRATUTERINA, il mio intento intrinseco va ancor più in profondità pur rimanendo in alto, difatti in questo caso, essa non cala necessariamente in tematiche terrene ed esoteriche. Non tratta immagini oscure, bensì surreali, un viaggio. “Agape” è saturo di Amore ed è totalmente da immaginare, la nostra ghiandola pineale lavora in maniera naturale ed essa alimenta il misticismo attraverso le nostre meravigliose sostanze psichedeliche. La galleria rappresentata, stimola la nostra immaginazione e ne viene subito appagata attraverso un percorso di colori, fluidi, strutture cangianti, taglienti e corposi, solidi, viscidi, morbidi, viscerali; non fatevi ingannare, una conchiglia potrebbe somigliare ad una vagina o anche un petalo di rosa ad un pezzo di vetro oppure ad una testa di topo mozzata e mimetizzata. Lo spettatore deve forzatamente usare la propria visione, io vi mostro il 30% dell’immagine il rimanente 70% sarete voi a deciderlo. Il linguaggio sconosciuto ha sempre attratto la mente umana, attraverso sogni, desideri… Attraverso la mia fotografia, vi lascio la gustosa sensazione di esaudirne quanti di più intensi mai provati, liberi, senza regole”. (Alex Gallo)
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Contatti
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Intervista a cura di T-Queef e Elena Giorgiana Mirabelli
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