Abbiamo incontrato Mariangela Levita. In questa intervista, l’artista ci parla dell’anniversario del museo di arte contemporanea colombiano di Bogotà.
Di Luca Fortis. Foto: Gregorio Díaz
Quest’anno il Museo d’Arte Moderna di Bogotà – MAMBO celebra il suo 60° anniversario. Nell’ambito di questa celebrazione, il Museo ha preparato una mostra che mette in evidenza i pilastri fondamentali dell’istituzione, riflettendo sul suo passato, presente e futuro.
La mostra “Viceversa: posizioni e prospettive di una collezione” riunisce più di 400 opere d’arte della Collezione del Museo, che conta attualmente più di 5.000 pezzi di artisti nazionali e internazionali di particolare rilevanza nella storia dell’arte moderna colombiana e latinoamericana.
La mostra sarà aperta fino al 18 febbraio. Durante l’inaugurazione di Viceversa si è tenuta una conversazione con l’artista Giuseppe Stampone e gli artisti Juan Uribe e Adriana Bustos, con la moderazione dei curatori del MAMBO, Eugenio Viola e Juaniko Moreno.
FACE Magazine.it si è fatto raccontare la mostra dall’artista Mariangela Levita che ha un’opera, “Other-Definition”, presente in collezione ed esposta in Viceversa fino al 18 febbraio 2024.
Quali sono le tematiche affrontate in Viceversa?
Viceversa è la mostra che celebra IL 60° anniversario del Museo d’Arte Moderna di Bogotà, dedicata alla Collezione del Museo. La mostra è il risultato di un’analisi approfondita e di una revisione contemporanea della Collezione. In questo senso, Viceversa suggerisce interpretazioni alternative che sfidano le narrazioni visive convenzionali adottando un approccio “inverso” e proponendo connessioni, contrappunti visivi e concetti insoliti.
Viceversa, a differenza delle mostre tradizionali, non si basa su un tema, un gruppo o un periodo storico specifico. Al contrario, presenta più di 400 opere di artisti di diverse generazioni che sono esposti nei quattro piani del Museo come una sinfonia che si snoda in tre assi: Memoria, Identità e Dissonanze.
La sezione “Memoria” esamina le basi sociali e culturali della Collezione, evidenziando le preoccupazioni tematiche che ricorrono nei diversi generi e periodi, rendendo l’analisi del passato uno strumento critico per affrontare il presente. La sezione “Identità” esplora l’unicità della Collezione del Museo, radicata nella sua diversità e collegata al suo contesto sociale e culturale, che ne ha influenzato la storia e lo sviluppo.
Infine, “Dissonanze” introduce prospettive e interpretazioni alternative che esplorano questioni sociali come la razza, il genere, l’identità e la crisi politica, sfidando le narrazioni culturali dominanti e offrendo una critica interculturale attraverso opere che pongono contrappunti, domande retoriche e affermazioni revisioniste.
In questo modo, la mostra inquadra il Museo come un organismo vivente, ricco di relazioni simboliche, storie da raccontare e possibilità da plasmare.
Il curatore capo Euguenio Viola ha voluto una mostra che si allontanasse dalle convenzioni tradizionali della storia dell’Arte, mi spieghi in che modo?
La collezione del Museo è presentata come un processo aperto che cerca una riscrittura critica e propone un modo di esporre se stessa con una diversità di esperienze, funzionando come un laboratorio di ricerca e produzione immaginativa.
Inoltre, la mostra presenta tre progetti site-specific di artisti di diversa provenienza ed esperienza che offrono nuove prospettive sulla storia, la missione e l’attività del Museo: Genealogy of a Collection dell’argentina Adriana Bustos; Greetings from Bogotà dell’italiano Giuseppe Stampone; e Museums Also Cry (And a Lot) del colombiano Juan Uribe.
Viceversa è un’esperienza visiva che va oltre il passato e il presente, il locale e l’internazionale e presenta una costellazione di opere d’arte che si collegano a una vasta gamma di narrazioni. Riconoscendo la storia e l’eredità del Museo, la mostra cerca di sfidare le convenzioni narrative della storia dell’arte, presentando la collezione come un processo aperto a una riscrittura critica congiunta e contestualizzata che apre la possibilità a una molteplicità di esperienze, indagini e produzioni immaginative come parte della costante costruzione dell’arte moderna e contemporanea.
Quali opere sono state selezionate per la mostra?
In Viceversa sono presenti opere che hanno gettato le basi della collezione, come Tumba no. 11 (1963) di Juan Antonio Roda, Violencia en la selva (1953) di Ignacio Gómez Jaramillo, Estirpe (1967) di Beatriz González o Nuestra señora de fátima (1963) di Fernando Botero. Allo stesso modo, si trovano punti di riferimento storici come Atrio y nave central (1996) di José Alejandro Restrepo, Bocagrande 1 (1976) di Alicia Barney o Qué hacen ellas mientras ellos trabajan (1970) di Clemencia Lucena, nonché acquisizioni recenti come Recipiente de la transmutación (2009) di Adriana Marmorek o Las frecuencias que me hacen (2017) di Maria José Arjona. Sono presenti anche opere di diversi artisti internazionali come Jesús Rafael Soto, René Magritte, Claes Oldenburg, Andy Warhol, Leonora Carrington, Gertrude (Gego) Goldschmidt, tra molti altri.
Mi parli della tua opera in collezione Other-Definition?
L’opera “Other-Definition” è entrata a far parte della collezione del museo nel 2022, ideata site specific per il wall della Carrera Sexta del museo e integrata tra le opere concepite per la personale “Full” che ho realizzato per il museo lo scorso anno.
Other-Definition, ossia Altra-Definizione è qui principio e sintesi per un intervento visivo sul wall esterno e ora interno del museo. Il percorso percettivo dell’opera diviene spettro attivo, per una definizione dell’identità formale e concettuale. Tutta l’elaborazione dell’intervento pittorico compone un insieme di segni e forme, in bianco e nero. Esse rappresentano un ideale binomio, che evolve nel ritmo e nel movimento crescente e decrescente. Una percezione visiva, che raggiunge la sua massima espressione nel contrasto con l’ambiente circostante, per esprimere una nuova view. Altra, come ulteriore e altra esigenza alla visione di una definizione, in questo caso visiva che si dispieghi e divenga architettura nell’architettura. Altra-Definizione di uno spettro attivo di un percorso che accoglie il fruitore e lo stimola a rintracciarne un’identità, attraverso la visione di uno spazio e di un tempo visibile su un wall.
La tua opera è presente nella sezione Astrazione Universale. Perché l’astrazione è cosi importante per l’arte colombiana?
Nell’arte moderna, l’astrazione ha svolto un ruolo di primo piano. Non si può non citare Marta Traba, critico argentino, che fu tra i pionieri dell’arte colombiana, che pensò a un museo d’arte moderna a Bogotà. Nel 1963, sotto la sua direzione, il MAMBO iniziò la sua attività. Marta Traba ha parlato apertamente della necessità di una prospettiva “universale”, un’apertura che attingesse alle correnti e alle tradizioni dell’arte internazionale, tutte europee, a suo dire, e si allontanasse dagli approcci indigenisti, americanisti o nazionalisti in voga nel Paese al momento del suo arrivo. A suo avviso, l’astrazione, sia essa espressionista, geometrica, lirica, costruttivista, minimalista o di qualsiasi altra natura, è emersa come una prospettiva autenticamente moderna, in sintonia con i processi storici globali, con le esigenze estetiche del tempo e con le prove di atemporalità a cui il futuro le avrebbe sottoposte. Un altro curatore del MAMBO, che non si può non citare, fu Eduardo Serrano che promosse l’arte astratta con mostre e acquisizioni che la fecero emergere storicamente nel panorama nazionale, sue le parole, “non bisogna dimenticare che l’astrazione è considerata l’espressione più radicale del modernismo”.
Queste idee sono apparse più volte nella storia del museo?
Queste idee sono apparse più volte nella storia del museo, attraverso le mostre personali e collettive che ha promosso nel corso degli anni e continua a promuovere oggi. Questo motivo collega la contemporaneità con la storia, ed è confermato dalla presenza di artisti fondamentali come Cecilia Porras, Hernando del Villar, Sara Modiano, Guillermo Wiedemann, Rogelio Polesello, Omar Rayo, Jesús Rafael Soto, Ary Brizzi, Olga de Amaral, Carlos Cruz-Diez, Jorge Riveros, Alejandro Otero, Víctor Vasarely, Carlos Rojas, Rafael Echeverri, Lucio Fontana, Sol Lewitt o Jean Arp, in dialogo con figure più recenti come Luis Fernando Roldán, Danilo Dueñas, Adriana Martínez, Fredy Clavijo, fino al gigantesco intervento dato dal riallestimento della mia opera “Other-Definition” che a sua volta ospita, come un palinsesto visivo, diverse di queste opere.
La tua opera è stata riallestita all’interno di questa sezione integrando letteralmente altre opere al suo interno, suggerendo che l’astrattismo è una forma d’arte che ha ancora molto da dire.
Sebbene la lettura dell’astrazione sia cambiata dai tempi di Traba, la sua percezione di stile come arte “universale” continua a essere valida, tanto da essere introdotta con attenta analisi dai curatori in questa mostra, con la rilevanza che questa manifestazione visiva ancora detiene, in quanto è indiscutibilmente riconoscibile. Dall’universalità dell’astrazione come riflessione, nasce una visionaria relazione espressiva potenziata dall’insieme di un’opera con un’atra opera. Questa possibilità tematica è stata intercettata dal curatore Eugenio Viola, ridefinendo l’opera “Other-Definition” in collezione. L’identità formale e concettuale dell’opera si manifesta attraverso un gigantesco spazio visivo percettivo, un wall paper su cui sono armonicamente disposte diverse opere che compongono questa sezione.
Riconsiderando formalmente ancora una volta il concetto di altra definizione, di ulteriore, dando nuova identità al valore percettivo nell’universo dell’astrazione. Dove in unico spazio Immaginativo convivono opere di esperienze pionieristiche del passato, fino alle più recenti, con uno sguardo al futuro in questo ambito del visivo. Essere immersi in questo segmento non solo mostra l’universalità dell’astrazione, ma la rende allo stesso tempo sempre attuale in quanto infinita.
Che emozioni ti ha trasmesso il mondo dell’arte contemporanea colombiano, avendoci più volte lavorato?
Emozioni innescate dalla costante presenza di condivisione umana e professionale con le tante persone con cui mi sono relazionata. Dandomi l’opportunità di conoscere e comprendere la storia e l’esigenza vitale dell’arte, come presenza pubblica nel paese. Soprattutto attraverso il lavoro longevo del MAMBO di Bogotà e le tante attività che questo museo intraprende come condivisione di bene comune con la comunità.
Foto: Gregorio Díaz
Courtesy of Museo de Arte Moderno de Bogotá – MAMBO.