Tra le riforme della cittadinanza, la più discussa in questo momento è il cosiddetto Ius Scholae. Ma cosa prevede e quali sono le differenze con lo Ius Soli, lo Ius Sanguinis e lo Ius Culturae?

La Redazione

Lo Ius Scholae fa agitare le acque della politica italiana. Se Lega e Fratelli d’Italia restano contrari a qualunque forma di allargamento della cittadinanza, il leader di Forza Italia e vicepremier Antonio Tajani quest’estate ha annunciato un’apertura, dicendo che una modifica ai criteri per ottenere la cittadinanza è “quello di cui ha bisogno il nostro Paese. L’Italia è cambiata”. Lo Ius Scholae è sempre stato sostenuto dai partiti del centrosinistra e la proposta di riforma al risale al 1992.
L’attuale normativa prevede che chi nasce in Italia da genitori stranieri può chiedere la cittadinanza solo una volta diventato maggiorenne, se per diciotto anni ha risieduto in Italia senza interruzioni.
Ma cosa prevede lo Ius Scholae e quali sono le differenze con lo Ius Soli, lo Ius Sanguinis e lo Ius Culturae?

Cosa prevede lo Ius Scholae

Lo Ius Scholae, in linea generale, è il principio per cui può diventare cittadino italiano chiunque abbia completato almeno un ciclo di studi in Italia. I dettagli poi variano a seconda delle proposte di legge specifiche. In particolare, un ddl del Pd a prima firma di Paolo Ciani prevede che possono diventare cittadini i bambini che risiedono in Italia e fanno tutte le elementari qui. Per chi arriva dopo i 12 anni, invece, è necessario raggiungere il diploma di scuola superiore. Questo potrebbe essere uno dei testi di partenza per il dibattito.
Lo Ius Scholae è ritenuto la miglior proposta di legge anche dal M5s.

Foto: Cdc – Unsplash

Lo Ius Soli e lo Ius Culturae

Lo Ius Soli è l’altra proposta di riforma sostenuta da Pd e dalla sinistra, a cui sono contrari tutti i partiti della destra. Questa permetterebbe di ottenere la cittadinanza italiana a chiunque nasca in Italia, anche se da madre e padre stranieri, con pochi requisiti aggiuntivi.
La proposta di Ius Sanguinis, invece, risale al 1992 e prevede che sia cittadino di diritto chi ha almeno un genitore italiano. Dunque, chi è nato in Italia da madre e padre stranieri non diventa automaticamente cittadino. Quest’ultimo potrà richiederne l’ottenimento una volta compiuti diciotto anni, purché abbia riseduto in Italia senza interruzioni fino a quel momento.
Simile allo Ius Scholae è lo Ius Culturae, su cui si basava il ddl naufragato a Palazzo Madama sette anni fa. Secondo questo principio ottiene lo status di cittadino italiano il minore nato in Italia o entratovi prima dei dodici anni, al termine di un percorso formativo di almeno cinque anni, frequentati regolarmente sul territorio nazionale. Anche in questo caso, il diritto di cittadinanza è subordinato alla residenza legale in Italia e alla regolarità del soggiorno.

Foto copertina: Nikhita S – Unsplash