Dopo la strage del 7 ottobre 2023, la controffensiva israeliana ha travolto il Medio Oriente ed oggi sono 7 i fronti aperti: dal genocidio di Gaza, con i 43mila morti, alla guerra in Libano e nelle prossime ore, forse, anche in Iran.

La Redazione

Dopo la brutale incursione dei militanti di Hamas in Israele il 7 ottobre dello scorso anno, che ha causato 1200 morti e 251 ostaggi, il governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha drasticamente intensificato la sua risposta militare, ad iniziare da Gaza, dove l’esercito israeliano sta ancora combattendo contro Hamas e i morti civili palestinesi sono ormai più di 43mila. La Striscia è quasi totalmente distrutta e quasi nessuno vive più nelle proprie case. Ampie aree non sono altro che cumuli di macerie e le persone che ancora vi abitano sono minacciate dalla fame e dalle malattie.

Dodici mesi dopo lo scoppio della guerra a Gaza, si è aperto un nuovo fronte a nord lungo il confine di Israele con il Libano. Il 30 settembre Israele ha lanciato quella che ha definito un’offensiva di terra in territorio libanese, mirata a sradicare ed eliminare combattenti e postazioni di Hezbollah. In tre settimane, i morti civili libanesi sono oltre duemila.

Intanto si allarga il fronte della guerra: è atteso per i prossimi giorni l’attacco israeliano contro l’Iran.

La Cisgiordania come Gaza?

A fine settembre l’Idf ha intensificato le operazioni anche in Cisgiordania, come parte della sua missione anti-Hamas. La Cisgiordania è anche sotto pressione da parte dei coloni israeliani che hanno cercato di stabilirvi nuove insediamenti con il sostegno dei partiti politici di estrema destra che fanno parte della coalizione di governo guidata da Netanyahu. Queste colonie sono illegali secondo il diritto internazionale e sono state ampiamente condannate dalla comunità internazionale.

Obiettivi non raggiunti

L’obiettivo israeliano di sradicare Hamas – così come Hezbollah – è ancora lontano dall’essere raggiunto. Secondo i dati israeliani, sono stati rilasciati 117 ostaggi, ma la maggior parte di questi sono stati scambiati con prigionieri palestinesi nel corso di una tregua temporanea a novembre, piuttosto che liberati a seguito di operazioni militari dell’Idf. Degli altri ostaggi: 97 sono ancora prigionieri e 37 gli ostaggi riportati morti in Israele.

Se è ancora lontana la sconfitta di Hamas, è altrettanto lontana la nascita della Palestina come Stato indipendente, formalmente riconosciuto a maggio da Irlanda, Spagna, Norvegia e Slovenia con il sostegno del presidente del Consiglio dell’Ue, Charles Michel.
La risoluzione dell’Onu, dall’alto valore simbolico ma poco effetto pratico, che puntava a riconoscere la Palestina come qualificata per diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, è stata approvata ad ampia maggioranza. Il governo italiano si è astenuto.