Un sostegno concreto, un aiuto per le persone transgender, intersessuali e gender queer. Uno spazio di confronto e di supporto, libero dall’omo-transfobia e dai pregiudizi ancora molto presenti nel nostro paese contro le persone lgbtq. Con queste finalità partirà a marzo, nel quartiere Alessandrino di Roma, il progetto Amati. Un gruppo di auto e mutuo aiuto, ideato e condotto dalla psicologa Cristina Leo. La realizzazione del progetto è a costo zero, è patrocinato dal Municipio V ed è reso possibile grazie all’Associazione Spazio Solidale che metterà a disposizione gratuitamente i suoi spazi.
Abbiamo incontrato Cristina Leo che qui ci racconta cosa sarà Amati.
Cristina, in cosa consisterà concretamente il progetto AMATI e a chi sarà rivolto?
Il Progetto AMATI è un Gruppo di Auto e Mutuo Aiuto per persone Transgender, Intersessuali e Gender Queer. Nel dare il nome al progetto, ho voluto giocare sull’acronimo AMATI e sulla sua duplice possibilità di lettura. Da una parte “Amati”, nel senso di “ama te stesso/a”, quindi, un riferimento ad un sentire profondo che ci connette con noi stessi e con la nostra autostima, dall’altra “Amati” in quanto persone amate, sempre degne e meritevoli di esserlo, dalla famiglia, dagli amici, da un* partner. L’obiettivo del progetto è quello di mettere in relazione persone con esperienze e vissuti simili, pur nella loro unicità, per conoscersi, confrontarsi, esprimere le proprie individualità e le proprie emozioni. In questo modo è possibile costruire tutt* insieme una rete di sostegno reciproco, per poter superare le difficoltà e valorizzare le proprie risorse, diventando persone resilienti, e quindi in grado di riorganizzare positivamente la propria vita nonostante le avversità della stessa. In concreto, il gruppo sarà gestito da me, che sono una psicologa. Nel ruolo di facilitatrice sarò coadiuvata da una mia collaboratrice. Il servizio è gratuito per tutt* coloro che vorranno partecipare. Io stessa non percepirò alcun compenso. Tutto ciò sarà possibile grazie all’Associazione Spazio Solidale, sita nel quartiere Alessandrino (Municipio V di Roma) che ha messo la sua sede, gratuitamente, a nostra disposizione. Il gruppo si riunirà a partire dal mese di marzo, il secondo e il quarto giovedi del mese (salvo variazioni) in base alle richieste dell’utenza.
Qual è stata la risposta delle Istituzioni a questo tuo progetto?
Avevo in mente questa idea da diverso tempo. Quando ho iniziato a parlarne già qualche mese fa con Mariateresa Brunetti, Assessora alla Cultura, Sport e Pari Opportunità, con Mario Podeschi, Assessore alle Politiche Sociali e con Giovanni Boccuzzi, Presidente del Municipio V, il progetto è stato subito ben accolto. Tant’è vero che, con mia grande soddisfazione ed entusiasmo, ci è stato concesso il Patrocinio del Municipio stesso. La mia speranza è che questo progetto possa fungere da propulsore per la nascita di Gruppi di Auto e Mutuo Aiuto nelle varie realtà territoriali di Roma Capitale, sia su tematiche LGBT che inerenti le pari opportunità, la prevenzione ed il contrasto alla violenza di genere, l’inclusione sociale e tutte le svariate questioni, che il duttile strumento dei gruppi AMA può abbracciare.
L’omofobia e la transfobia sono ancora molto presenti in Italia e i casi di aggressioni e violenze sono tanti. Gli ultimi due, solo una settimana fa a Roma e Milano. Wequal ha rilanciato l’appello per una legge contro l’omofobia. Come pensi si possa combattere questa piaga e cosa chiedi a chi ci governa e amministra?
Una buona legge contro l’omotransfobia sarebbe un primo importante passo per la tutela delle persone LGBTIQ. Fin quando offendere, denigrare e svilire una persona LGBTIQ verrà considerato al pari dell’esprimere una libera opinione, non si andrà da nessuna parte. Chi offende una persona LGBTIQ sulla base del sesso biologico, dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, non esprime un’opinione ma esprime il suo pregiudizio omotransfobico. Non bisogna pensare, però, che il percorso si possa concludere con una legge giusta. Una buona legge contro l’omotransfobia è un importante traguardo, ma anche un nuovo punto di partenza. Non possiamo continuare a ragionare per compartimenti stagni. Bisogna intervenire su più livelli. Bisogna attuare un cambiamento culturale che non può prescindere dalla Scuola e dalle famiglie. Bisogna portare l’Educazione Affettiva nelle Scuole, bisogna educare i bambini all’empatia e all’accoglienza dell’altro nel rispetto delle minoranze tutte, e attraverso la Scuola stessa coinvolgere le famiglie, e magari una volta per tutte spiegare che nessuno può cambiare l’ identità di genere o l’orientamento sessuale ai propri figli, anche perché è impossibile. Io vorrei solo che gli adulti di domani fossero empatici, accoglienti e liberi da pregiudizi.