È una storia che parte da molto lontano: la prima trasmissione radiofonica broadcast è datata novembre 1919. Un secolo di storia, attraversata da grandi crisi economiche e due guerre mondiali. Cento anni dopo, la radio sta ancora molto bene, grazie a un pubblico fedelissimo: 34 milioni di italiani che la ascoltano ogni giorno. L’utente medio si sintonizza per 210 minuti al giorno, più di tre ore. Numeri a volte sottovalutati nella vita delle persone, ma non dal mercato.
Gli anni ’70 in radio sono l’epoca delle radio libere. La Corte Costituzionale sancisce la legittimità delle trasmissioni radiofoniche private, purché a diffusione locale. È la fine del monopolio della radio di Stato. L’Italia vede fiorire centinaia di nuove emittenti, che danno voce ad una parte del Paese tradizionalmente ignorata dalla grande emittenza. La prima e più nota delle radio libere, è Radio Milano Intenational, che comincia le sue trasmissioni già il 10 marzo 1975, rompendo così il monopolio sulle frequenze. La segue Bologna, che il 9 febbraio 1976, vede nascere Radio Alice.
Controcultura, ironia ma ache denuncia sociale: le radio libere sono questo e molto altro. Da Radio Aut, a Cinisi (Palermo), un giovane Peppino Impastato denuncia i crimini e gli uomini di Cosa Nostra, prima di essere ucciso e diventare così uno dei simboli della lotta contro la mafia.
La radio è sopravvissuta a tutte le rivoluzioni del ‘900. Ha superato ogni crisi e si è adattata alle nuove tecnologie. Il digitale ha sostituito i vecchi strumenti, così, oggi, la radio viaggia leggera tra Fm, Dab, Sky, digitale terrestre, web e app, adattandosi alle esigenze dello spettatore. Solo una cosa non è cambiata: il microfono e la voce di un conduttore.