La sera del 14 giugno, a piazzetta Trinchese a Forcella, si terrà, per il Napoli Teatro Festival, lo spettacolo “Circo Sciò Sciò, – Femminielli, Tombola e Tammorre”. Lo spettacolo è prodotto da Aba S.a.s di Torre Annunziata, che da qualche anno ha rivitalizzato la vita culturale della città e ha anche aperto la prima libreria, dopo che da oltre un trentennio, a Torre non si poteva più comprare un libro. La direzione artistica è invece di Luigi Pernice di Cristo, presidente dell’Associazione Feminielle Antiche Napoletane (A.f.a.n), associazione che ha creato un archivio per recuperare la memoria perduta di quest’antica cultura. Tra gli altri suoneranno il gruppo degli “Ars Nova”, H.E.R, Gerardo Amarante e Vincenzo Ciccarelli. Tra gli attori vi sono CiraCiretta e Luigi Paolo Patano, in arte la Poppea. Bruno Leone farà invece uno spettacolo con le guarattelle. I costumi sono di Salvatore Salzano.
Come nasce lo spettacolo Circo Sciò, Sciò?
Dieci anni fa nacque l’Afan, per non perdere la memoria del mondo dei Femminielli, perché era un universo che stava cambiando molto velocemente, in parte fondendosi con il mondo omossessuale. In una chat oggi sarebbe difficile categorizzarsi come femminiello. Oggi esiste il mondo L.G.B.T. che a volte mi ricorda una marca di un liquore. Certo la parola femminiello veniva usata in modo ambivalente. Quando ero piccolo sentivo dire la gente: “Quill’è femminell”. Alcuni lo dicevano in modo dispregiativo, altri come un semplice dato di fatto. Il femminiello aveva però un ruolo sociale ben preciso e comunque storicamente accettato. Si tratta di un modo di approcciarsi alla vita.
Come nacque il tuo rapporto con la tammurriata?
Il rapporto con la musica nacque grazie ai nonni che venivano da Pomigliano e da Pagani, entrambe terre di cantori e tammurriate. Nel 1979 andai a vedere da solo la Madonna delle Galline e incontrai l’artista Marco Limatola e quell’incontro cambiò il mio percorso. La gente della mia generazione ha avuto ancora la fortuna di conoscere i cantori delle generazioni passate. Ne siamo la fotocopia, ma gli originali sono loro. Noi un certo rispetto della tradizione lo abbiamo avuto, oggi invece è cambiato tutto. Andavamo sul campo, imparavamo ascoltandoli alle feste popolari in cui si suonava la tammurriata. Oggi secondo me la tammorra è troppo basata su corsi e non sull’ascolto sul campo. Oggigiorno è un momento di aggregazione diverso dal nostro. Per carità, le tradizioni evolvono e cambiano e ognuno vive come vuole.
Chi sono stati i tuoi maestri?
I mie maestri sono stati Pagani, Bagni, Zi Giannino, Zi Vicienzo, Verginia a Miciogna, Anna Bellini, voci belle, storiche, che erano parte del cerchio del Maestro De Simone. Erano della mia terra, ci portavano con loro pure in gita. Ci sceglievano per la voce. Una ragazza a Salerno scrisse una tesi sui vecchi e nuovi cantori. Il professore Apolito consigliò per i nuovi cantori di sentire me. Ma anni fa, io non avrei mai immaginato che la mia passione per la tammurriata mi avrebbe portato fino a dove sono arrivato.
Da dove nasce la tua allegria e ironia?
Spesso, le persone legate alla cultura dei femminielli, hanno un’ironia molto pungente, perché hanno sempre dovuto difendersi in qualche modo. Soprattutto in un mondo che aveva era anche legato alla figura del “guappo” di quartiere. Quanto ti “abbuffavano di parole”, era l’ironia veloce e pungente che permetteva di difendersi. La gente spesso ha paura di litigare con me, perché io li posso fulminare in un secondo. A volte anche in amore la gente può avere paura della tua popolarità.
Com’è nata la “Saga dei Windsor”?
Un collega professore, omosessuale come me, mi portava sempre una rivista che si chiamava Gaymagazine. In un articolo si parlava della presunta omosessualità di Carlo d’Inghilterra. Scherzando su questa storia nacque la fortunatissima “Saga dei Windsor”. Dopo diciassette anni ancora mi chiedono sempre di fare qualche pezzo della saga che ha come protagonista Bettina. È stata la mia fortuna perché mi ha fatto lavorare tantissimo. Negli anni poi abbiamo organizzato anche moltissimi matrimoni dei femminielli, uno anche con i reali inglesi come protagonisti. Ci siamo sempre divertiti, nei quartieri popolari a Torre Annunziata o nell’Agro Nocerino, il rapporto con la cultura dei femminielli è antico. Ultimamente ho fatto anche Lili Marlene.
La gente vi ama molto
Nel Golfo, vicino al mare, è sviluppata soprattutto la cultura dei femminielli che fanno la tombola scostumata, nell’entroterra, il mondo agricolo e i femminielli di queste zone, sono più legati alla tammurriata. Anche se ovviamente la tombola c’è anche nel mondo agricolo, anche se in ogni zona i numeri hanno significati diversi legati alla cabala. La tombola vera è da sempre intimamente legata ai femminielli, perché questa cultura è storicamente vicina a quella del “sogno” e della sua interpretazione. Il mondo dei femminielli è un mondo legato anche all’allegria. Ciò non toglie che come professore io sono tra i più severi.
Cosa insegni?
Una materia tecnica all’alberghiero, tecnica dei servizi turistici. Amo dare delle regole ai ragazzi. Io ho lavorato in tantissime scuole, sia nel napoletano che nel salernitano. Si tratta di un lavoro splendido in cui ti devi saper conquistare il rapporto con i ragazzi. I colleghi rimangono sopresi di come nelle mie classi non voli mai una mosca. Quando arrivano in quinta, dopo che sono stati in classe con me per quattro anni, gli racconto chi sono. Ovviamente loro già lo sanno, ma è bello che lo sappiano anche dalla mia voce.
Ti piacerebbe tramandare a qualcuno la tua arte?
Certamente sì, ma non è facile perché oggi il mondo è cambiato.
Di Luca Fortis
Giornalista professionista, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Cattolica di Milano. Un pizzico di sangue iraniano e una grande passione per l’Africa e il Medioriente. Specializzato in reportage dal Medio Oriente e dal Mediterraneo, dal 2017 vive a Napoli dove si occupa di cultura e quartieri popolari e periferici.