Abbiamo incontrato l’artista Mariangela Levita, in mostra fino al 4 settembre al MAMBO di Bogotà. “Full” è la sua prima personale istituzionale in Sud America.
È in corso nella capitale colombiana Bogotà, presso il Museo d’Arte Moderna MAMBO, fino al 4 settembre, la prima mostra istituzionale in Sud America dell’artista Mariangela Levita.
La mostra curata da Eugenio Viola e Juaniko Moreno, si inserisce nel ciclo espositivo MAMBO 2022-II / Confluencias: tracce, memoria e gesto. La mostra “Full” è stata organizzata dal MAMBO e dall’Istituto Italiano di Cultura di Bogotà.
Il lavoro di Mariangela Levita affronta, da quasi 30 anni, i confini della pittura come mezzo. La sua ricerca sfida l’architettura dei luoghi in cui interviene, sviluppando un’idea espansa della pittura, in cui fonde la rappresentazione pittorica con l’ambiente circostante.
L’aggettivo “full” indica qualcosa di pieno senza alcuno spazio residuo. “La misura è piena fino all’orlo” è un’espressione che fa riferimento al “senso collettivo di un limite raggiunto”, legato alla cronaca quotidiana e al malcontento per determinati eventi.
Mariangela, perché Full?
Full, nella sua condizione di pieno, quel pieno che individua l’adesso come tempo colmo.
L’oggi sempre in emergenza da quel grado di certezza dell’incertezza.
Full è qui processo di sintesi, alle variabilità costanti insite nell’esistenza dell’individuo.
Full è fulcro attivo nell’atrio del museo, luogo di accoglienza all’osservazione, preposto alla riflessione di quel fenomeno chiamato arte, che da sempre intercetta ed elabora il senso della storia, la motiva, la anima.
Ciò che è colmo è pieno di aspetti, questi aspetti sono qui segni come segnali che riverberano dentro e fuori l’architettura del museo, come una partitura armonica del sentire nel vedere.
Luce, colore, forma e parola, divengono spettro attivo per un percorso di percezione che possa stimolare nel trovare l’altrove, attraverso la preziosa materia estraniante dell’arte.
Full è un progetto site specific costituito da una nuova serie di opere, che risuonano dentro e fuori il museo.
Mi parli delle opere della mostra?
Il cuore pulsante da cui prende il nome la mostra, su cui si sviluppano tutte le altre opere, è una scultura composta da 25 blocchi di carta bianca, formati da 50 risme dal modulo A4, disposte sul pavimento dell’atrio del museo. La loro disposizione sequenziale permette di leggere la scritta “Full”, illuminata da lampi di luce stroboscopica, che funge da segnale di allarme, in un accogliente luogo di osservazione e riflessione. Full si propaga come un eco, in tutti gli spazi dei primi due livelli del museo.
Il museo non è un semplice “white cube”, come si definisce nell’arte contemporanea uno spazio espositivo neutro che non toglie spazio alle opere, ma bensì un importante progetto museale dell’architetto Rogelio Salmona. Cosa ha significato per te dialogare con un’architettura così importante?
L’architettura è il mio spazio ideale nel concepire un progetto d’opera totale, attraverso una progettazione site specific. L’opera nasce dallo spazio, da quel luogo e talvolta da quel preciso punto dell’architettura. Dialogare con l’architettura è necessario, istintivamente, diventa un obbligo spontaneo.
Il museo MAMBO è un edificio situato nel centro storico della città, progettato alla fine degli anni 70 dall’icona dell’architettura modernista colombiana, l’architetto Rogelio Salmona, noto per la padronanza nell’uso di mattoni rossi nei suoi edifici e per l’utilizzo di forme naturali.
Io sono intervenuta nell’architettura, relazionandomi allo spazio aperto e allo spazio collettivo, dei primi due livelli del museo. Cercando e creando un dialogo vibrante con i volumi architettonici e lo spazio circostante. Apportando il mio intervento, alle viste interne ed esterne delle vetrate presenti in questi due livelli. Non si tratta di uno spazio neutro, ma di uno spazio attivo, animato dalle attività che si svolgono in quelle aree. Questo ha reso ulteriormente visionario il senso del Full nello spazio.
Mi parli di Full View?
Full View è l’intervento installato sui primi due livelli delle vetrate del museo. Alcuni di questi lavori trasformano le superfici in vetro in sequenze ottiche, create dall’alternanza di simboli tipografici e di punteggiatura, attraverso l’uso di pellicole colorate, talvolta trasparenti e in alcuni casi di colore solido. L’esclamazione e il punto interrogativo capovolto, tipici della scrittura spagnola, suggeriscono affermazioni e domande che suggellano il pensiero umano. Le parentesi delimitano un asterisco. Tutti i simboli sono in luce all’esterno, quindi in bianco e proiettano all’interno un’ombra nera. Le tre finestre della Carrera Sexta mostrano monocromi oro e argento creati da lucide coperte di primo soccorso, spesso utilizzate in casi di emergenza, per aiutare i migranti. Persone che rischiano la vita alla ricerca di un futuro migliore o rifugiati di guerra. La termodinamica di queste coperte può sia riflettere che deviare il calore, qui diventano un elemento necessario per tracciare le tragedie che ancora oggi stiamo vivendo.
Mentre Full Color?
Full Color è un dipinto murale dai molteplici colori situato davanti alle toilette del museo. Una sequenza frammentata composta da colori percepibili dallo spettro visibile all’occhio umano, che assume la forma di un arco multicolore, come un arcobaleno.
Questa opera crea idealmente una porta che connette il museo ai famosi club underground della città, il Kaputt e il El Coq. Infatti, la stessa opera è replicata in alcuni spazi dei due club.
In Full Evolution Test (2022) ti concentri sul colore rosso, quale è il senso?
Full Evolution Test (2022) è un dipinto concepito come evoluzione del colore rosso primario, attraverso una alterazione tonale cromatica dello stesso. Dipinto sulla superficie della tela divisa in due e ampliato, oltre la tela, sul muro che lo accoglie. Qui il colore rosso è connesso a un fuori cornice, nelle alternanze del bianco e del nero, che scandiscono gli spessori della tela con le porzioni di rosso, per poi corrispondere a una ulteriore alternanza di bianco e di nero presente sulla parete. La percezione visiva comprende in questo caso il pieno e vuoto, il positivo e il negativo. L’evoluzione esiste nella scienza, come nell’arte, sperimentando attraverso test, applicando e impostando un risultato in positivo o in negativo, rispetto all’obbiettivo della ricerca. Full Evolution Test è una testimonianza di ciò.
Mi parli del wall painting sulla Carrera Sexta?
Other-Definition, ossia Altra-Definizione è qui principio e sintesi per un intervento visivo sul wall esterno del museo.
Il percorso del wall painting diviene spettro attivo, per una definizione dell’identità formale e concettuale. Tutta l’elaborazione dell’intervento pittorico compone un insieme di segni e forme, in bianco e nero. Esse rappresentano un ideale binomio, che evolve nel ritmo e nel movimento crescente e decrescente. Una percezione visiva, che raggiunge la sua massima espressione nel contrasto con l’ambiente circostante, per esprimere una nuova view.
Altra, come ulteriore e altra esigenza alla visione di una definizione, in questo caso visiva che si dispieghi nel paesaggio e divenga architettura nell’architettura.
Altra-Definizione di uno spettro attivo di un percorso che accoglie il fruitore e lo stimola a rintracciarne una identità, attraverso la visione di uno spazio e di un tempo visibile su un wall.
Una track di Domenico Crisci, noto dj e produttore italiano, il cui stile mescola musica acid, techno ed elettronica, completa la mostra, me ne parli?
L’opera di Domenico Crisci rappresenta un ideale percettivo e sensoriale sull’identità del Full.
Un QR Code è installato sulla parete dello scalone centrale come orizzonte, anche visivo, all’opera Full, quasi a indicare un punto contemplativo da raggiungere, per poi immettersi all’ascolto e ritrovarsi oltre il visto e il detto. Come atto finale di condivisione, il QR Code adesivo è stato posizionato per l’ascolto nelle toilette del Mambo e random nei club notturni underground di Bogotà, dove abbiamo vissuto e propagato emozioni.
Che mood ti ha lasciato Bogotà?
Un nutrito umore di condivisione, nello stato d’animo di Full.
Di Luca Fortis
Giornalista professionista, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Cattolica di Milano. Un pizzico di sangue iraniano e una grande passione per l’Africa e il Medioriente. Specializzato in reportage dal Medio Oriente e dal Mediterraneo, dal 2017 vive a Napoli dove si occupa di cultura e quartieri popolari e periferici.