Pochi giorni fa una storica sentenza ha riconosciuto la rettifica del genere di una persona non binaria. Cristina Leo intervista uno degli avvocati che da anni segue le persone trans nel loro percorso di transizione.
Giovanni Guercio da 26 anni dedica la sua attività di avvocato ai diritti delle persone trans. I traguardi raggiunti sono stati tanti e importanti. Dall’eliminazione del “Consulente Tecnico d’Uffici” nel 1996 alla prima autorizzazione per una persona trans minorenne nel 2011, fino alla sentenza del 2018 che a Strasburgo ha condannato l’Italia per la violazione dei diritti umani nei confronti di una persona trans, sottoposta ad intervento chirurgico di RCS non desiderato, ma necessario per cambiare genere. Pochi giorni fa, una sentenza ha autorizzato per la prima volta la rettifica del genere e del nome ad un ragazzo trans non binario che non desidera sottoporsi a terapia ormonale sostitutiva e ad effettuare la sola mastectomia e non altri interventi chirurgici.
Avvocato Guercio, come mai ha deciso di iniziare ad occuparsi del percorso legale inerente la transizione delle persone trans?
Una serie di eventi fortuiti, evidentemente già disegnati dal destino.
Nel 1994 mi sono trasferito a Roma e, nella mia veste di attivista, presi contatti con il MIT, che all’epoca aveva sede in Via dei Mille, vicino alla stazione Termini, per fare volontariato. Nel contempo dovevo iniziare la pratica legale biennale prima di diventare avvocato e l’allora presidente, Roberta Franciolini, mi indirizzò a tal fine ad uno studio legale LGBT friendly che seguiva anche persone trans. Il titolare dello studio, al quale in questo senso devo molto, mi lanciò nella scommessa di occuparmi delle pratiche di riassegnazione di sesso ex L.164/82. Amo approfondire e così feci, rinvenendo una giurisprudenza di ben 14 anni nei quali nessuno si era avventurato nel voler cambiare una prassi consolidata fatta di lungaggini burocratiche e inutili, con ovvio detrimento (economico e in termini di tempo) ad esclusivo carico delle persone trans: una tra tutte, basti menzionare la durata di questi processi, all’epoca di circa due anni…
Lei è stato uno dei primi avvocati ad occuparsi di queste cause, cosa pensa dell’evoluzione della giurisprudenza da quando ha iniziato fino ad oggi?
Lì comincia la mia storia professionale e la giurisprudenza (che poi sarebbero le sentenze) che negli anni ho conquistato, devo dire rivoluzionando le cattive prassi ed alleggerendo enormemente i già pesanti e difficili percorsi delle persone trans e GNC (Gender Non Conforming).
E così, nel 1996 primo caso in cui venne eliminata la figura del CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio che, per l’ennesima volta, doveva sottoporre la persona ad esami e controesami per dare al giudice certezza della presenza di una disforia di genere – all’epoca definita solo come transessualismo).
Nel 1997 per la prima volta un uomo trans poté rettificare il nome ed il genere senza necessariamente sottoporsi ad intervento chirurgico di falloplastica (ebbene si: all’epoca non cambiavano il nome nemmeno dopo gli interventi chirurgici di isteroannessiectomia e mastectomia).
Nel 1999 ci fu la prima rettifica del solo nome (non del genere) grazie all’utilizzo del decreto regio del 1939.
Nel 2011, più di dieci anni dopo, la prima autorizzazione per una persona trans minorenne.
Sempre nel 2011 ottenni la prima rettifica del nome e del genere, senza la necessità per la persona di sottoporsi ad interventi chirurgici. Questa sentenza del Tribunale di Roma, è da considerarsi importantissima in quanto, in tutto e per tutto, sancisce quanto poi confermato dalla nota sentenza della Corte di Cassazione del 2015, in seguito alla quale il predetto principio è divenuto conclamato ed applicato uniformemente in tutti i Tribunali italiani.
Nel 2017 ci fu la prima trasformazione, direttamente in sentenza, del matrimonio in unione civile: le due persone volevano infatti mantenere il vincolo, prima siglato tra persone di sesso differente, divenute dello stesso sesso dopo la rettifica anagrafica.
Nel 2018 vinsi la prima sentenza a Strasburgo che condannò l’Italia per la violazione dei diritti umani nei confronti di una persona trans, sottoposta nel 2008 ad intervento chirurgico di RCS dalla stessa non desiderato, ma all’epoca necessario per cambiare genere.
E giungiamo all’odierno 2022 con la sentenza che ho ottenuto da pochi giorni e che per la prima volta autorizza la rettifica del genere e del nome ad un ragazzo trans non binario che non desidera sottoporsi a terapia ormonale sostitutiva e ad effettuare la sola mastectomia, e non altri interventi chirurgici; anche qui fondamentale la circostanza che la giudice specifica in sentenza la non binarietà della persona, senza mezzi termini, abbracciando quindi la nostra tesi.
Tanta roba! In ordine alla quale ci sarebbe da parlare ore.
Difficile da riassumere in poche righe, ma dietro queste poche righe c’è una storia professionale, la mia appunto, di 26 anni interamente dedicati a QUESTA causa.
Mi sia consentito in questa sede spendere un doveroso ringraziamento al SAIFIP di Roma che, con la sua dedizione sin dal 1992, ha partecipato in maniera fondamentale a rendere possibili i successi di questi anni, da ultimo proprio nel supportare le esigenze della persona non binaria, che ha beneficiato della recente sentenza.
La sentenza ottenuta pochi giorni fa rappresenta una svolta significativa per le persone non binarie, ma in Italia, ancora facciamo i conti con la legge 164 del 1982, legge moderna per quegli anni, ma oggi dopo 40 anni abbastanza obsoleta. Quali scenari prevede prevede o auspica?
La sentenza appena menzionata rappresenta davvero una pietra miliare perché, come ho scritto, rompe il muro del binarismo, imperante nel nostro Paese, squisitamente patriarcale, e che lo rende fanalino di coda dei diritti LGBTQI+
La legge 164/82, decisamente all’avanguardia all’epoca, rimane però obsoleta in quanto per nulla mutata nella sostanza in ben 40 anni!
I passi avanti che ho rapidamente enunciato in risposta alla domanda precedente, sono infatti sempre e soltanto giurisprudenza (cioè sentenze), e non legge. Quella è sempre la stessa, da 40 anni …
Dobbiamo quindi il nostro progresso giuridico “T” ad avvocati volenterosi ed a giudici illuminati, non certo al Parlamento.
Gli scenari futuri? Mi batterò fino all’ultimo sangue affinchè la mia figura diventi “superflua”, e ciò può avvenire esclusivamente con una modifica della legge 164/82 che preveda, come del resto ormai avviene in quasi tutta Europa ed in gran parte del mondo, l’autodeterminazione delle persone trans e GNC, senza dover passare necessariamente per un tribunale.