“Roma città aperta” di Roberto Rossellini ha dato vita ad un nuovo modo di fare e pensare il cinema. Iniziato nel gennaio del 1945, quando una parte dell’Italia non era ancora stata liberata, il film ha rielaborato alcuni fatti e personaggi reali della Resistenza romana, interpretati da Aldo Fabrizi e Anna Magnani. Con la scena in cui il maggiore nazista apre davanti agli occhi di don Pietro (e a quelli degli spettatori) la porta della camera della tortura, dove l’ingegner Manfredi è atrocemente seviziato dalla Gestapo, il cinema impara a non abbassare più l’occhio della propria macchina da presa e cambia per sempre. “Roma città aperta” non è però l’unico film che ha raccontato la lotta di Liberazione dal nazifascismo. Tra i film che hanno raccontato la Resistenza ci sono capolavori e titoli meno riusciti, ma comunque importanti, e che vale la pena di riscoprire.
Roberto Rossellini ha ribadito la sua ricerca storica sul dopoguerra in Paisà (1946), sei episodi sull’avanzata degli alleati attraverso l’Italia. E poi sono arrivati Pian delle stelle di Giorgio Ferroni (1946); Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani (1951); Penne nere di Oreste Biancoli (1952).
Negli anni successivi il cinema ha trovato anche il coraggio di ironizzare, in modo innocuo e bonario. Come ha fatto Alberto Sordi in un episodio di Accadde al commissariato, quando nei panni del conte decaduto Alberto Tadini rivendicava: «Io ho fatto la guerra, sul fronte interno naturalmente… il più pericoloso… Io ho resistito alla fame e alla sete… ho resistito al freddo e al caldo… Io, signor commissario, sono un eroe della resistenza!».
Con Il generale Della Rovere (1959, sempre di Rossellini) la Resistenza è tornata a interrogare l’Italia. Come hanno fatto poi Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini; Tiro al piccione (1961) di Giuliano Montaldo; Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy; Una vita difficile (1962) di Dino Risi; Il terrorista (1963) di Gianfranco De Bosio; Il conformista di Bernardo Bertolucci. Non sono mancate poi le facili riletture, a volte superficiali. O altri capolavori come C’eravamo tanto amati di Ettore Scola o La notte di San Lorenzo di Paolo e Vittorio Taviani. Fino al più recente L’uomo che verrà di Giorgio Diritti (2009), premiato con il David di Donatello per il miglior film nel 2010 e con il Gran premio della Giuria e il miglior film al Festival di Roma 2009.
Oltre i confini italiani, anche il cinema europeo ha raccontato le varie forme di Resistenza in Europa. Come Suite francese, tratto da un’opera incompiuta della grande scrittrice ucraina Irène Nemirowsky o Il grande quaderno, tratto dal bestseller di Agota Kristof, “La trilogia della città di K” (1986), e ambientato verso la fine della seconda guerra mondiale, dove due giovani gemelli sono costretti a misurarsi con la realtà disumana della guerra. Tra i francesi, meritano di essere riscoperti Arrivederci ragazzi di Louis Malle e L’ultimo metrò di François Truffaut. Così come il tedesco La rosa bianca di Marc Rothemund e il capolavoro britannico di Ken Loach, Terra e libertà.