Il governo ha aggiornato la lista dei Paesi che considera sicuri per i rimpatri dei migranti. Ma in molti dei 19 stati, i diritti umani vengono regolarmente violati. Il nuovo decreto-legge punta a velocizzare i rimpatri e a mantenere operativi i centri in Albania, già costati un miliardo di euro.
Di Mauro Orrico
Il governo ha varato un decreto-legge sui Paesi che considera sicuri, modificando l’elenco di 19 stati: chi arriva da questi Paesi, in cui non sono presenti conflitti o persecuzioni, in teoria non dovrebbe ottenere asilo. Il provvedimento è stato adottato dopo la bocciatura dei primi trattenimenti di migranti in Albania: il tribunale di Roma, infatti, pochi giorni non ha convalidato il decreto di trattenimento in Albania per i 12 migranti che sono già tornati in Italia. Il motivo della decisione dei giudici era legato ad una sentenza della Corte di Giustizia europea dello scorso 4 ottobre che ha stabilito che possono essere considerati «Paesi d’origine sicuri» solo quelli in cui il rispetto dei diritti umani e della sicurezza di tutti gli individui sia riconosciuto «in maniera generale e uniforme» su tutto il territorio nazionale e per tutte le persone.
Il nuovo decreto legge punta così ad aggirare la normativa europea (attraverso la norma primaria e non più secondaria che permette di superare nella gerarchia delle norme le indicazioni della Corte) per velocizzare i rimpatri e mantenere in vita i costosissimi e contestatissimi centri in Albania, che sono già costati circa un miliardo di euro.
La lista dei 19 Paesi
Dell’elenco dei 19 Paesi che il governo Meloni considera sicuri fanno parte: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
La lista è molto contestata dalle opposizioni e dalle organizzazioni umanitarie perché in alcuni Paesi di questi, come Egitto e Bangladesh, gli attivisti politici di opposizione vengono spesso perseguitati e in 9 dei 19 Stati ci sono leggi molto severe contro chi appartiene alla comunità Lgbtq+. Il caso Regeni è la dimostrazione delle palesi falle democratiche egiziane e le norme omofobe di Ghana, Marocco, Tunisia, Senegal, Sri Lanka, Bangladesh prevedono l’arresto per le persone omosessuali. Il Gambia prevede perfino l’ergastolo. Diversi esperti di diritto già da giorni dubitano di un’operazione del genere, dato che la sentenza della Corte di Giustizia è molto chiara: i Paesi di origine sicuri devono essere sicuri in tutto il loro territorio e per tutte le persone che ci vivono.