Marea Art Project è il nuovo progetto di residenze artistiche italiane e internazionali della costiera dichiarata Patrimonio Unesco nel 1997. Abbiamo incontrato i creatori Roberto Pontecorvo, cultural manager e Imma Tralli, storica dell’arte.
Imma, come nasce Marea Art Project?
Marea Art Project nasce concettualmente sei anni fa quando incontrai Roberto al Bozar di Bruxelles durante una serata di musica elettronica. Fu lì che la nostra storia ebbe inizio e nacque l’idea di Marea.
Io studiavo Arti Visive all’università francofona ULB, Roberto era appena arrivato in città dopo aver vissuto tra Cracovia e Lione. Fu un periodo molto vivo, pieno di energia e incontri, soprattutto con artistə e musicistə jazz riconosciutə anche nel panorama internazionale.
Grazie a loro e all’energia vitale di Bruxelles vivevamo le nostre giornate tra concerti, performance e mostre d’arte contemporanea. Capimmo subito che la vita era più bella così, circondatə da artistə.
Anni dopo decidiamo di tornare in Italia e in costiera diamo finalmente forma a Marea. Per raccontarla, mi piace riprendere le parole della giornalista culturale Giorgia Anselmi che l’ha descritta così: «Una residenza sul mare per elaborare progetti profondi, critici, fragili e necessari per traghettare l’arte al di fuori delle metropoli e renderla accessibile ai cittadini direttamente nelle realtà in cui vivono, valorizzandone così le specificità».
Attraverso un programma di residenze artistiche nazionali e internazionali che si svolgono durante il periodo invernale, Marea Art Project vuole dar vita a nuovi spazi di incontro e confronto, a partire dalle peculiarità di questo splendido territorio e dalle persone che lo abitano.
Perché avete chiamato il progetto Marea?
Quando è arrivato il momento di dare un nome al nostro progetto, non poteva di certo mancare il riferimento al mare: vivere in costiera amalfitana significa instaurare un rapporto profondo e costante con l’acqua, una vastità di mare che ti riempie lo sguardo ogni volta che apri la finestra.
Inoltre, la definizione stessa del termine “marea” era perfettamente in sintonia con la nostra esigenza di far riemergere l’esperienza delle artiste e artisti che nel corso del Novecento hanno lavorato e vissuto in questo territorio per riconnetterla alla contemporaneità, in una oscillazione costante tra scoperta delle pratiche contemporanee e immersione nel passato, come l’alta e bassa marea.
In più, il nome marea ci piaceva perché ha anche una connotazione politica forte. È un termine che ricorre spesso nelle manifestazioni per la rivendicazione dei diritti nelle città latinoamericane, ma anche in Spagna. È un invito a essere marea insieme inondando le piazze, riconquistando e riattivando così gli spazi.
Roberto, chi sono i vostri compagni di viaggio nel progetto?
Marea sarebbe ancora in alto mare se non avessimo incontrato Stefano Collicelli Cagol, attualmente direttore del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. Ci siamo conosciutə anni fa grazie a una serie di fortunate coincidenze quando io e Imma vivevamo a Madrid.
Tra le tante persone incontrate in tutti questi anni, abbiamo pensato subito a lui quando Marea non aveva neppure un nome ma era solo un’idea. Oggi Stefano è il consulente scientifico di Marea e non vediamo l’ora di vedere dove ci porterà tutto questo mare.
Altra compagna di viaggio e mentore nell’indicarci sempre la rotta giusta è Carol LeWitt, mecenate e moglie dell’artista americano e padre dell’arte concettuale Sol LeWitt. Carol è stata la prima a credere nel nostro progetto e ci ha aperto subito le porte di Casa l’Orto, il meraviglioso complesso che sorge a Praiano appartenuto alla nonna, risalente al 1700. Tra le proprietà dei LeWitt, Casa L’Orto è l’unica a presentare all’interno opere di Sol che per Carol rappresentano la sua ultima espressione di amore per la sua famiglia e per quella casa.
C’è da aggiungere che il nostro progetto non sarebbe possibile senza tutte le persone che sono marea insieme a noi, prima tra tutte Sandra Belcredi, proprietaria della bella e pittoresca Casa Tuti a Praiano, che oggi è parte delle residenza di Marea Art Project. Appena Sandra scoprì il nostro progetto ci chiamò e ci mise a disposizione casa sua, senza chiedere nulla in cambio. Ci colpì molto.
Nel frattempo, sempre più persone e residenze stanno entrando a far parte di Marea: oltre a Casa L’Orto e Casa Tuti si sono aggiunte Casa Federica, Casa Erato a Praiano e Casa Eugenia a Positano.
Imma, la costiera amalfitana è rimasta un luogo aperto alla creatività e all’arte o il turismo di massa ha finito per offuscare il mondo culturale?
In costiera ci sono ancora eventi di rilevanza culturale, come il Festival di Ravello, il Premio Massine e Il Teatro Festival, ma al di là di questi specifici momenti, non c’è continuità nell’offerta e fruizione della cultura e dell’arte. Si tratta di eventi pensati per intrattenere turisti o persone che vengono qui d’estate.
Non essendo nata qui ma a Matera, e avendo vissuto in giro per l’Europa, quando con Roberto abbiamo deciso di trasferirci a Praiano, il suo paese d’origine, mi sono resa conto della complessità del vivere in questo posto. La costiera è un luogo che attrae e respinge allo stesso tempo e tu sei lì che ti lasci travolgere dal suo ritmo.
Roberto, tu che sei nato qui, che ne pensi?
Questo luogo magnifico ha deciso di vivere quasi ed esclusivamente in funzione del turismo, di conseguenza la cultura e l’arte sono viste come intrattenimento e non come il pane quotidiano, come elemento di base che dovrebbe far crescere tuttə.
Di fatto il rischio è che luoghi così belli diventino prigionieri della loro stessa bellezza. La costiera, infatti, muore d’estate tra smog e file chilometriche, quando i ritmi della stagione estiva impongono giornate lavorative anche di dieci ore, e muore d’inverno quando hotel, ristoranti, bar (uniche attività presenti sul territorio, salvo qualche biblioteca e un cinema) chiudono. Questo tipo di discorso ha fatto sì che la comunità si sia chiusa su se stessa e che le nuove generazioni non abbiano spazi di crescita e confronto.
Il turismo è una delle principali risorse economiche della costiera, ma sta diventando sempre più insostenibile trasformandosi in un ciclone che distrugge i luoghi e risucchia chi lavora in questo comparto.
Cosa vi piacerebbe lasciare alle persone del territorio con questo progetto?
Lasciare è un termine che non si adatta molto a quello che stiamo cercando di costruire qui perché implica un’azione che proviene dall’alto, senza soluzione di scambio.
Marea, invece, si modella e si plasma a seconda delle esigenze che percepiamo vivendo qui. Quello che stiamo facendo è coinvolgere attivamente le persone affinché siano parte attiva dei processi di scambio che avvengono durante le residenze, che è ogni volta un viaggio di scoperta anche per noi.
Le prime residenze sono state il frutto di questo discorso. Inoltre, avvenendo durante il periodo invernale, Marea ha assunto anche una valenza politica perché sta diventando una forma di resistenza sociale in un luogo in cui capita che d’inverno, per settimane, non c’è nemmeno un bar aperto.
Per noi Marea è un po’ quello che Marx chiamava «interstizio sociale», una comunità di scambio e uno spazio di relazioni umane che suggerisce altre possibilità di dialogo tra le persone, sperimentando insieme nuove forme di esistenza e modalità di vivere e lavorare collettivamente.
Quali sono i settori culturali a cui Marea Art Project si rivolge?
Marea Art Project si rivolge a professionistə delle arti visive, della danza, della musica, del cinema, della letteratura, del teatro, ma anche di altre discipline come l’antropologia, la filosofia, l’architettura, il design, la moda, la scienza.
Per noi è molto importante che queste arti incontrino e dialoghino con i saperi che sopravvivono in questo territorio, come la pesca, la ceramica, la lavorazione dei tessuti e della carta, l’arte del tombolo.
Ci interessa anche far riemergere, come una moltitudine di maree, le storie degli intellettuali, artistə, scrittori e scrittrici che nel corso del XX secolo hanno attraversato e vissuto lungo queste coste.
Chi sono gli artisti scelti per la prime due edizione delle residenze?
Durante la prima residenza, Marea 21, grazie alla consulenza scientifica di Stefano, abbiamo ospitato il curatore e ricercatore indipendente Michele Bertolino, attualmente coordinatore del Young Curators Residency Programme e curatore del public program di Verso presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, e la scrittrice e artista visiva Giulia Crispiani, vincitrice del Premio Giovani Collezionisti per Quadriennale d’Arte Fuori di Roma 2020. Ha partecipato anche il regista Ciro Apicella, che ha ripreso tutto il processo creativo per crearne un docufilm.
Nel corso della seconda residenza, Marea 22, Stefano ha selezionato invece Flavio Nuccitelli, scrittore e sceneggiatore, che da poco ha pubblicato il romanzo “Frenesia” e lo scrittore e drammaturgo Luca Starita, autore del saggio “Canone Ambiguo. Della letteratura queer italiana”.
Durante quest’ultima residenza, Flavio e Luca hanno lavorato alla sceneggiatura di un film che sarà liberamente tratto dal romanzo “La tesi dell’ippocampo” (Luca Starita, 2018). È la storia di una persona in fuga da tutti, perché in fuga da se stesso. Protagonista è un ragazzo che si è trovato costretto a diventare grande troppo presto, sacrificando quel passaggio fondamentale in cui ci si forma per capire chi si vuole diventare. L’arrivo in costiera permetterà al protagonista di ritrovare una parte di se stesso che pensava di aver perso.
Per noi è stato un processo molto stimolante perché attraverso il punto di vista di Flavio e Luca abbiamo imparato tanto, ad esempio, che in costiera il tempo è un concetto al di fuori del tempo, che può dilatarsi e restringersi talmente tanto che un giorno può sembrarti un’ora e allo stesso tempo un anno. Che il mare qui è un abbraccio di proporzioni infinite e che andar via da questi posti significa sempre tornare.
Inoltre, durante la loro residenza abbiamo organizzato, insieme al Collettivo UANM, nato in costiera nel 2020 e impegnato in tematiche culturali, ambientali e sociali, un evento pubblico di presentazione dei libri “Frenesia” e “Canone Ambiguo”. Abbiamo parlato di coming out e di letteratura italiana in chiave queer, temi di cui in costiera non si sente mai parlare.
Infine, tra la prima e seconda residenza, ci è venuto a trovare il Collettivo di curatrici e artiste ৺ ෴ ර ∇ ❃ ꩜ ﹌﹌ impegnato in una ricerca e rilettura in chiave femminista della mitologia antica mediterranea. Durante la loro permanenza a Positano hanno approfondito le loro ricerche sulle Majare, antiche figure mitologiche delle Isole Eolie.
Portare artisti nel Sud, un luogo in cui si viene in vacanza, ma da cui spesso si emigra per questioni lavorative, è una riflessione sul fatto che nonostante tutto, nonostante le mille difficoltà, si può creare un progetto vincente anche nel Meridione?
Si può fare, anche se la vera differenza rispetto al Nord è la difficoltà di accesso ai finanziamenti. Al Sud spesso manca il tessuto industriale e la rete di fondazioni che promuovono le tante iniziative culturali che animano invece il Nord.
Va anche detto che, purtroppo, anche il comparto turistico locale fatica a vedere questi progetti in ottica di investimento e valore aggiunto per il territorio, anche in termini di brand reputation.
Non c’è la mentalità di supportare finanziariamente un progetto come il nostro perché non è un progetto che ha un ritorno economico immediato.
Marea porta con sé un cambio di paradigma e di punto di vista sulla costiera che da luogo di fruizione passeggera, torna a essere uno spazio dinamico di creazione contemporanea. I suoi frutti li vedremo nel tempo anche se qualcosa si sta già muovendo.
Mi racconti un punto forte di fare un progetto in costiera amalfitana?
La Costiera ha un forte appeal riconosciuto in tutto il mondo. Come Capri, è da sempre una meta sognata da artistə e intellettuali. Realizzare un progetto in costiera significa poter incontrare potenzialmente chiunque. Questo permette uno scambio costante e una prossimità con personalità che, altrimenti, non si sarebbero mai potute conoscere.
E un punto debole, dove davvero avete faticato?
Marea è un’associazione culturale senza scopo di lucro. In un posto dove si ragiona solo in termini di ricchezza e crescita dal punto di vista economico, la maggior parte delle persone non capisce il valore di Marea.
Ci auguriamo che il nostro progetto, goccia dopo goccia, si trasformi in una marea umana capace di far rivivere questo posto e di instillare quel seme per tornare a crescere insieme attraverso i valori dell’arte e della cultura.
Di Luca Fortis
Giornalista professionista, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Cattolica di Milano. Un pizzico di sangue iraniano e una grande passione per l’Africa e il Medioriente. Specializzato in reportage dal Medio Oriente e dal Mediterraneo, dal 2017 vive a Napoli dove si occupa di cultura e quartieri popolari e periferici.