Parità salariale, patriarcato, stereotipi di genere, gender gap: ecco perché la Giornata internazionale della donna è tutt’altro che “una festa”.
L’oppressione femminile non è, purtroppo, un ricordo del passato e la strada per la parità è ancora lunga. L’8 marzo non è una festa: è questa la premessa che va fatta per affrontare la Giornata internazionale della donna. Questa data dovrebbe celebrare le battaglie di cui le donne sono state e sono ancora protagoniste dall’inizio del Novecento, ma negli ultimi decenni la cultura pop ha (quasi) azzerato il senso politico di questa Giornata. I movimenti femministi e transfemministi (come Non Una di Meno) e le nuove sensibilità che emergono finalmente nelle nuove generazioni hanno restituito però, negli ultimi anni, il vero senso dell’8 Marzo: per tante, #LottoMarzo.
Le origini della Giornata internazionale della donna
È stata davvero una bufala la storia del rogo nella fabbrica di New York? In realtà, quell’incendio, seppur realmente accaduto, è un accostamento non veritiero con la Giornata Internazionale della Donna. Così come la manifestazione di operaie tessili repressa nel sangue dalla polizia a New York nel 1857, o i vari scioperi o incidenti di Chicago e Boston. Da sempre, c’è molta confusione attorno alla storia dell’8 Marzo. Il celebre rogo di una fabbrica di camicie Cotton (o Cottons) costò la vita a 146 lavoratori (123 donne e 23 uomini), in gran parte giovani immigrate di origine italiana ed ebraica e avvenne a New York, non l’8 ma il 25 marzo del 1911. La storia di questa Giornata però ha origini più lontane e affonda le sue radici nella manifestazione che il Partito Socialista americano organizzò il 28 febbraio 1909 a sostegno del diritto delle donne al voto. Nel 1910 il VIII Congresso dell’Internazionale socialista propose di istituire una giornata dedicata alle donne. Dopo il rogo di New York le sollevazioni femministe si moltiplicarono in tutta Europa. E l’8 marzo 1917, le donne di San Pietroburgo guidarono un grande corteo che chiedeva a gran voce la fine della guerra. Quattro anni dopo, il 14 giugno 1921, la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste fissò all’8 marzo la “Giornata internazionale dell’operaia” e stabilì che quella data come riferimento per tutti i Paesi.
Perché la Mimosa?
In Italia la Giornata internazionale della Donna venne celebrata per la prima volta nel 1922, ma il 12 marzo. Solo nel 1944, l’UDI (Unione Donne Italiane) decise di celebrare la giornata l’8 marzo, per poi scegliere, nel 1946, la mimosa come simbolo (solo in Italia) di questa ricorrenza.
Perché la mimosa? Inizialmente si voleva usare come fiore simbolo della giornata la violetta, un fiore con una lunga tradizione nella sinistra europea, ma era un fiore costoso e difficile da trovare. Così, l’ex partigiana Teresa Mattei, insieme a Rita Montagna e Teresa Noce, propose di adottare un fiore molto più economico, che fiorisse alla fine dell’inverno e che fosse facile da trovare nei campi: da qui nacque l’idea della mimosa.
Contro gli stereotipi di genere
L’8 marzo è tornato ad essere, per molte donne, una occasione per fare informazione, divulgare, fare prevenzione, protestare. La battaglia per la parità però è anche culturale e ha a che fare con gli stereotipi di genere.
“Sei maschio o femmina?”, “Quando ti sposi?, “Quando fai figli?”, “Stai bene truccata” sono alcune delle frasi più ricorrenti che riproducono la cultura sessista e patriarcale nella quotidianità. La violenza maschile contro le donne (verbale e fisica), attraverso lo stigma e i pregiudizi, colpisce anche le persone LGBTQ e non binarie.
Le iniziative per combatterle, in questi ultimi anni, sono state tante. Come lo sciopero transfemminista di Non Una di Meno, o la campagna Fuori Binario contro gli stereotipi di genere di Arci Emilia Romagna.