In Iran, la rivolta contro il regime non si ferma. I morti sono centinaia, ma la protesta, nata dall’uccisione di Mahsa Amini, dilaga nelle piazze, nelle università e cresce dentro e fuori i confini iraniani.
Non si placa la protesta contro il regime di Khamenei e la rabbia per la morte di Mahsa Amini continua ad infiammare l’Iran. In piazza c’è un’intera generazione di giovani e giovanissimi che hanno deciso di rischiare la vita per denunciare la morte della 22enne curda, avvenuta il 16 settembre, dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto.
L’uccisione di Mahsa è stata la miccia scatenante, ma è solo uno degli elementi delle proteste. In Iran, dal 1979 – anno della rivoluzione islamica – è al potere un regime autoritario di natura teocratica ed oggi, anche a causa delle sanzioni, il Paese sta attraversando una gravissima crisi economica e sociale, con la disoccupazione alle stelle e il 300% di inflazione.
In Iran, il 75% della popolazione iraniana ha meno di 35 anni e la morte di Mahsa ha raccolto tutte le istanze del malcontento, soprattutto giovanile.
Teatro delle proteste sono le piazze e le università. Non solo a Teheran, ma anche negli atenei di Shiraz e Birjand. Gli studenti chiedono verità sulla morte di Mahsa Amini, ma anche il rilascio dei tanti colleghi arrestati nei giorni scorsi.
Il taglio dei capelli è diventato il gesto simbolo di questa rivolta. In Iran, tante donne stanno sfidando ogni giorno il regime dei mullah tagliandosi i capelli in piazza. Molte sono già state arrestate, altre uccise come Mahsa. Finora, sono centinaia i morti causati dalla repressione della polizia, ma non vi è alcun dato certo.
Le denunce di violenze e percosse in carcere si moltiplicano. In manette è finita anche l’attivista Faezeh Hashemi, figlia «ribelle» dell’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, un leader della rivoluzione islamica del 1979, tra i più fedeli collaboratori di Khomeini.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi continua a difendere la linea della tolleranza zero verso le proteste: «Coloro che hanno presto parte alle rivolte devono essere affrontati con decisione, questa è la richiesta del popolo». «Protestare è qualcosa di diverso dal caos» ha aggiunto.
Il sostegno alle proteste cresce però dentro e fuori i confini iraniani. Anche la nazionale di calcio si è schierata in difesa delle donne e dei giovani iraniani, vestendosi di nero durante l’inno, lo scorso martedì sera, prima di un’amichevole premondiale in Austria. Intanto, da Berlino a New York, da Ankara a Madrid e persino a Kabul, nel mondo si moltiplicano le iniziative di solidarietà.
Il regime potrà continuare a reprime il dissenso, ma non fermerà il vento della rivolta che ormai soffia sul futuro dell’Iran.