Da oltre un mese, nel silenzio quasi totale dei media internazionali, gli studenti e i giovani di Rabat sono in piazza per chiedere le riforme, promesse dal Governo e mai realizzate. La chiamano la Rivolta degli insegnanti perché è partita dall’Università e dalle scuole: i docenti sono particolarmente vessati da un contratto che non viene rinnovato da anni, guadagnano in media 400 euro circa al mese e chiedono aumenti salariali e contratti a tempo indeterminato. Molti sfilano in camice bianco, come tradizionalmente vestono gli insegnanti. Il 27 marzo, il ministro dell’Educazione Saaid Amzazi ha annunciato in una conferenza stampa che i rappresentanti degli insegnanti in sciopero saranno licenziati. La protesta però non si è fermata e dall’università di Rabat, si è estesa nelle piazze e nelle strade della Capitale. La polizia ha più volte caricato in queste settimane i manifestanti, causando decine di feriti, anche tra i giornalisti presenti. Come lo scorso sabato 23 marzo quando in più di diecimila hanno cercato, invano, di arrivare al Palazzo Reale, tra gli idranti e i manganelli della polizia.
Otto anni dopo le proteste sfociate nelle primavere arabe, il Marocco torna a manifestare e il Movimento 20 febbraio riprende vigore. Nel 2011 Rabat evitò la rivolta che travolse il Maghreb: il re concesse la Carta costituzionale e già alcuni anni prima aveva riformato la legislazione marocchina, garantendo più libertà e diritti. Mentre gli altri paesi del Nord Africa venivano travolti dalle proteste, il Marocco aboliva la poligamia e i matrimoni dei minorenni promettendo riforme, realizzate solo in parte.
Oggi il Marocco è una monarchia relativamente laica, se paragonata alla maggioranza degli altri paesi del Maghreb. Dal 2000 il Pil è raddoppiato e negli ultimi anni la polizia è riuscita a sventare ogni attacco terroristico: dopo i 43 morti degli attentati di Casablanca del 2003, la repressione è stata brutale e massiccia, con più di 3000 arresti e condanne pesantissime.
Il re Mohammed VI è un ricchissimo imprenditore e la sua popolarità tra i sudditi è molto alta. Rispetto ai rigidi precetti islamici, è considerato un liberale. Ha infranto non poche tradizioni come quella di presentare al popolo la sua futura moglie prima del matrimonio: Lalla Salma, ex ingegnere informatico, non indossa il velo ed è considerata l’equivalente marocchino di Rania di Giordania, con la quale, tra l’altro è molto amica. Da mesi, la principessa è assente dal Palazzo reale e i rumor parlano di un divorzio sempre più vicino.
Il governo che oggi guida il Paese è composto da una coalizione inedita che vede riuniti islamici e comunisti. Al partito degli ulema mancavano pochi seggi per raggiungere la maggioranza e hanno proposto quattro ministeri minori ai comunisti che hanno accettato l’offerta. Il programma politico degli islamici equivale a quello dei partiti delle destre europee: le parole d’ordine sono famiglia, sicurezza e religione.
Sebbene non sia più istituzionalizzato come sotto Hassan II, l’autoritarismo poliziesco non è ancora scomparso. Oggi, quando la polizia commette un abuso possono esserci inchieste, processi, sanzioni. La libertà di stampa, tuttavia, è continuamente calpestata e i siti d’opposizione sono regolarmente censurati.
Il Movimento 20 febbraio ora torna in piazza per chiedere più riforme e più diritti. Molti sognano l’Europa, tanti vorrebbero solo uno Stato più laico e moderno, al passo con un mondo che cambia. Anche nel Maghreb.