Poco più di nove anni fa, nella notte del 6 aprile del 2009, il terremoto devastava L’Aquila. Dopo la morte e il dolore, la città è rimasta immobile e silente. Poi, nel 2014, sono arrivate tante, tantissime gru. È cominciata la ricostruzione, grazie al lavoro di migliaia di uomini e di donne. Sono “Le mani della città”, come le chiama Claudia Pajewski, fotografa affermata di origini aquilane, che attraverso i suoi scatti ha raccontato quello che oggi è il più grande cantiere edile d’Europa. Da un progetto indipendente realizzato dalla fotografa tra il 2014 e il 2017, è nato l’omonimo libro, edito da Drago Publisher, grazie al contributo del Gran Sasso Science Institute e della Fillea CGIL della Provincia dell’Aquila.
L’INTERVISTA | CLAUDIA PAJEWSKI
Ricostruzione. Cosa significa per L’Aquila e per voi aquilani e perché hai scelto di raccontarla attraverso i tuoi scatti?
È un concetto che permea l’agire quotidiano di qualunque persona della mia terra. Ricostruire un capoluogo di settantamila abitanti con un patrimonio secolare è un’impresa titanica, in quel “sarà” c’è uno sforzo quotidiano di una comunità intera che per sopravvivere deve proiettarsi con lo sguardo nel futuro. Oggi L’Aquila il più grande cantiere edile d’Europa, ma la strada è ancora lunga. La ricostruzione ha tante facce, non c’è solo l’edilizia, c’è la ricostruzione sociale, culturale, lavorativa. È una sfida difficile che si combatte ogni giorno. Nel 2014 il centro storico era abbandonato da anni. Ho iniziato a fotografare quando hanno aperto i primi cantieri. Dal silenzio spettrale, durato cinque anni, era nata una sinfonia di rumori di camion, gru, martelli pneumatici. È stata una cura.
L’Aquila sarà la prima città storica antisismica in Italia, ma è anche il primo cantiere multiculturale d’Italia. Chi sta ricostruendo la città?
Ho scelto di focalizzarmi su quella “città nella città” che è la comunità operaia. Ho scelto di farlo in un periodo in cui dell’Aquila non si interessa più nessuno e in una fase politica in cui nazionalismo e populismo raccolgono grandi consensi. Il libro è un atto di riconoscenza verso queste persone che provengono da tutte le regioni d’Italia, dall’est Europa, dall’Africa. Ognuno di loro porta con sé un bagaglio di storie incredibili che dovevano essere raccontate. La loro comunanza di intenti è l’aspetto più commovente.
Il titolo del libro ricorda il film di Rosi del 1963 Le mani sulla città. Era una denuncia della speculazione edilizia e della corruzione. Quanto di quella storia c’è nel caso del terremoto aquilano?
Ho visto per la prima volta il film di Rosi nel 2009, pochi mesi dopo il sisma. Eravamo nella fase emergenziale in cui le decisioni venivano prese dall’alto, la Protezione Civile agiva in deroga alle leggi, il centro storico era blindato e militarizzato. E’ stata la fase della costruzione delle new towns, strutture semi-temporanee che da un lato hanno dato un tetto a migliaia di aquilani, dall’altro hanno trasformato in modo aggressivo e definitivo le periferie con un costo al metro quadro elevatissimo. Parte di queste new towns oggi cadono a pezzi. L’Aquila è stata il grande set mediatico del governo Berlusconi e la scorretta informazione che veniva prodotta in quel periodo è un prezzo che stiamo ancora pagando: oggi c’è chi pensa che la città sia stata ricostruita e chi pensa che sia stata completamente abbandonata. Nel 2012, finalmente, lo stato di emergenza è terminato. Grazie al Piano Barca è iniziata la ricostruzione del centro storico, una ricostruzione non più dettata dall’alto ma in mano alle amministrazioni locali, con regole ferree in merito agli standard di antisismicità e con il pieno recupero del patrimonio storico e artistico. Intitolare il libro “Le Mani della Città” racconta questa inversione di rotta. La nuova fase di una ricostruzione non più subita, ma attiva e partecipe, che ci accompagnerà ancora per molto tempo.
Claudia Pajewski (L’Aquila, 1979). Fotografa indipendente, lavora tra Roma e Milano per case discografiche, compagnie teatrali ed enti culturali. La sua ricerca fotografica si concentra sui temi dell’identità di genere, delle trasformazioni sociali e urbane, del teatro di ricerca. Specializzata in ritratti, street e fotografia di scena – per cui riceve nel 2012 il Premio Hystrio – ha all’attivo pubblicazioni su molteplici testate nazionali, tra cui La Repubblica XL di cui è stata collaboratrice dal 2008 al 2013. È socia fondatrice dell’associazione di arte pubblica Off Site Art. Le Mani della Città, edito da Drago, è il suo primo libro.
Le mani della città di Claudia Pajewski
a cura di Michela Becchis, con un saggio di Maria Giovanna Musso
Drago Publisher. 96 pagine, 73 fotografie bianco e nero, 24,4 x 20, 9 cm, copertina rigida. Euro 30.
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The hands of the city (english version) | Info qui