Immaginate dodici grandi città, diverse e al tempo stesso uguali, che si confondono sospese in un tempo indefinito, un non luogo dove non si abita ma si transita. Parigi, Roma, Londra, Madrid, New York, Mexico DF, Santiago del Cile, Delhi, Tokyo. Suspended cities  è il progetto che il fotografo e videomaker Martino Chiti ha presentato per la prima volta in occasione di Fotoleggendo 2013 di cui FACE Magazine.it è stato mediapartner (e che vi abbiamo raccontato qui)

Ora il progetto diventa un libro. Per pubblicarlo, l’autore e la sua casa editrice stanno portando avanti una campagna di prevendite tramite la piattaforma internazionale di publishing Crowdbooks, dove è possibile prenotare la propria copia (cliccando qui).

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MARTINO CHITI | L’INTERVISTA
Livornese di nascita, classe 1976, Martino Chiti indaga attraverso la fotografia e la sperimentazione, il complesso rapporto dell’ecologia sonora con la società odierna. Regista e videoartista, fotografo e videomaker, ha studiato cinema presso l’Università degli studi di Firenze per poi trasferirsi a Madrid dove ha frequentato un master triennale di fotografia. Oggi realizza documentari e reportage fotografici oltre a collaborare con progetti didattici educativi e con festival di arte e spettacolo legati alla musica e alle arti visive. Noi lo abbiamo incontrato.

Martino, quando nasce la tua passione per la fotografia e cosa vuol dire per te fotografare?
Nasce molti anni fa quando era indifferente suonare uno strumento o captare un’immagine. Quando ingenuamente si rifletteva la propria vita su un fotogramma, senza pensare molto. Lasciandosi ipnotizzare. Adesso con gli anni prendi coscienza e responsabilità di ciò che fai. Cambia l’approccio e talvolta l’incanto, ma il cammino della conoscenza è sempre lungo e affascinante. Inoltre credo che, vista la mia pessima memoria che peggiora con gli anni, faccio foto per ricordami ciò che ho fatto. Questa leggera interpretazione mi rilassa molto.

Suspended cities, il progetto che presentiamo qui, è uno sguardo su 12 città differenti, sospese in un tempo qualunque. Dove e come nasce questo progetto?
Nasce dalla nikon f3, comprata a Buenos Aires nel 2003, che continua ad essere la mia compagna. La f3 permette di staccare il prisma dal corpo macchina, quindi si può osservare, infuocare, misurare la luce senza dare troppo nell’occhio. Il progetto nacque quindi per gioco e per caso. Tuttora mi sento un cacciatore non appena entro in un vagone, una sensazione di ansia da ricerca si impadronisce di me. Non sono scatti facili, oltre ad essere un lavoro esclusivamente in diapositiva, c’è il rischio che la gente si accorga che la stai fotografando e questo non piace (oggi peggio visto che credono che tu li stia catapultando direttamente in rete con Instagram o affini): una volta un grosso ragazzo di colore nella metro di NewYork voleva quasi picchiarmi. In questo progetto cerco il non-gesto che definisca l’essenza. Penso spesso alle “città invisibili” di Calvino. Oggi le città sospese sono 12 e continueranno ad aumentare.

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Hai presentato per la prima volta questo progetto al festival Fotoleggendo di Roma. Che esperienza è stata?

Una bella esperienza. Il progetto è stato esposto in una sorta di installazione sospesa in cui le immagini erano legate tra loro e appese, in cui lo spettatore si trovava a camminarvi nel mezzo. Un bel risultato per il quale devo ringraziare i photoeditor di Officine Fotografiche – in particolare Tiziana Faraoni – per la loro dedizione e ideazione. Per il resto, è stato un onore partecipare alla manifestazione e condividerla con lavori e fotografi di grande spessore.

Sei un regista e un videoartista; studi il complesso rapporto dell’ecologia sonora con la società odierna. Cosa vuol dire per te sperimentare e fare arte in un’epoca in cui viviamo sommersi dall’omologazione e in cui un po’ tutto pare essere già visto, già realizzato?
Niente di ciò che si faccia o che sia stato fatto è nuovo. Qualunque cosa riproduce l’esperienza altrui, appresa e ritrasmessa. Quello che come sempre cambia costantemente sono i mezzi che abbiamo a disposizione per osservare. Il mondo quindi cambia comunque secondo i mezzi attraverso il quale è osservato (me lo ha insegnato un caro amico chimico). Fare arte e sperimentare significa perdersi e divertirsi, devono essere fatte con la spontaneità che si meritano sogni e atmosfere.

I tuoi progetti futuri?
Mia figlia Lila, che ha 2 anni. Crescere di nuovo attraverso i suoi occhi. E magari un giorno fare un film.

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INFO
Per prenotare le copie del libro:
crowdbooks.com/projects/suspended-cities-martino-chiti
(Credits foto: Martino Chiti per gentile concessione dell’autore)