La fotografia come arte narrante permette di ricostruire i muri stabili della nostra civiltà, della nostra storia e della nostra vita. La fotografia non solo rappresenta, ma anche espone esplicitamente un linguaggio, qualsiasi esso sia. Jo Lattari e Marco Mottolese hanno scandagliato i muri di Cosenza, al fine di dare il via ad una ricerca di un “fil rouge” che unisca gli ignoti scrivani murari di ogni città annullando di fatto l’influenza del luogo ed esaltando piuttosto i moventi comuni. Questa “urgenza” linguistica, immortalata in centocinquanta graffiti che raccontano i “muri” di Cosenza, fotografati dal giornalista Francesco Cangemi, è la base di “Muri in transito”, (Luigi Pellegrini editore con prefazione di Enrico Ghezzi, euro 14,00), breve trattato sulle scritte murarie urbane commentate ad una ad una nel libro con occhio innovativo, ironico ma anche “inquisitorio”. Per scoprire il rapporto tra fotografia e graffiti , e saperne qualcosa di più, abbiamo intervistato Jo Lattari e Marco Mottolese.
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Com’è nata l’idea di un libro sul linguaggio urbano e soprattutto perché partire da Cosenza?
Mottolese: Potevamo partire da qualsiasi città italiana. In realtà siamo partiti da Cosenza perchè Jo abita in quella città.
Lattari: Insegno nei licei. I muri delle scuole sono enormi lavagne con scritte che vanno e che vengono.Gli studenti comunicano così tra loro. A Cosenza come a Roma o Verona. Diciamo che a me è risultato quasi naturale “inciampare” quotidianamente in questi muri e far nascere dentro di me l’idea del libro.
Dopo Cosenza, questo viaggio proseguirà in altre città d’Italia?
Mottolese: Sì, pensiamo di alternare una città di medie dimensioni con una più grande. La prossima, dunque, potrebbe essere Roma. Quartiere per quartiere.
Quale ruolo ha la fotografia nella descrizione del linguaggio urbano?
Lattari: Senza foto rimarrebbe solo il “dire”. Il raccontare. Chi scrive dovrebbe affidare, anzichè alla immagine, alla oralità degli altri il proprio pensiero. Ma pur ripetendo all’infinito e dunque “tramandando” una frase scritta sul muro mai si arriverebbe a trasmettere il messaggio per intero e a renderlo evidente ad una intera comunità; che poi è la vera e unica intenzione di chi scrive sui muri. La foto è utile per comprendere che dietro le scritte sui muri c’è dell’altro. Perchè ci si sofferma. Cosa che non accade normalmente camminando per strada.E poi la foto si presta alla viralità. Da un punto sconosciuto del mondo un muro può divenire “famoso” grazie ad una foto.
Credi che il linguaggio urbano rappresentato dai graffiti o dalle scritte in generale possa essere definita arte?
Mottolese: Non riusciamo a porci domande così complesse se pensiamo al nostro libro. E’ chiaro che Arte è altro. Però, se parliamo di Street Art, beh, direi che alcuni cominciano così, “imbrattando” e comunicando malamente o apponendo il proprio “tag” e poi via via scoprono il muro come fosse una tela. E poi migliorano. Diciamo che i muri da noi descritti stanno alla street art esattamente come le grotte di Lascaux stanno a Giotto.
Lattari: Sono d’accordo. In realtà il nostro libro se proprio dovesse essere considerato un saggio dovrebbe somigliare più a “Le leggi fondamentali della stupidità umana” -dell’indimenticato C.M.Cipolla- che non alla teoria dei colori di Goethe.
Come può il linguaggio urbano vincere quei dogmi che la interpretano come un arte da vandali?
Lattari: E’ importante che le scritte non vandalizzino urbanismi di pregio. Però ci sono palazzi, case, stabili e persino monumenti davvero orrendi in giro per le periferie italiane e, in quel caso, non ci sentiamo di dire che queste scritte peggiorino la situazione.Pian piano si capirà che tutto si integra. E forse ci sarà un momento per una educazione inaspettata.
Il libro è appena uscito, sono previste presentazioni e incontri? Prossimi appuntamenti?
Mottolese: Lo abbiamo appena presentato a Roma con Enrico Ghezzi, che ama questo testo e ne ha fatto una prefazione che invitiamo a leggere. Presto andremo in un liceo di Cosenza, a scatenare sicuramente l’interesse e il tifo del vero target del nostro libro, i giovani, e forse a conoscere (speriamo) qualcuno degli sconosciuti scrivani…
Lattari: … Che ci hanno fatto perdere molte notti…