Sul palco dell’Ariston ha cantato gli ultimi con un brano, Tikibombom, che è una celebrazione musicale di Magmamemoria – questo il titolo del suo album- della diversità. E con il quale, a Sanremo 70, ha riportato in piazza l’essenza poetica della scuola cantautorale catanese (capostipiti Franco Battiato, Mario Venuti e Carmen Consoli) assente da un pezzo. “Siamo il vento e non la bandiera” perché per Claudia Lagona, in arte Levante, si può essere ugualmente diversi e rimanere tali quando i pregiudizi su un uomo che indossa gli strass e una donna con la gonna troppo corta non esisteranno più. In conferenza stampa la cantautrice ha ribadito l’inutilità di portare avanti una lotta di genere basata sull’essere più intelligenti. Una battaglia che crea fratture inutili invece di garantire pari opportunità. Il prossimo 13 maggio partirà il suo tour nelle principali città europee e, a luglio, l’artista parteciperà a molti festival italiani per far conoscere la sua musica ai più.
Qual è la vera difficoltà del brano che hai portato in gara?
Tecnicamente è una canzone che richiede tantissimo respiro e un certo tipo di estensione. Inizio da un recita, cantando basso. Durante il ritornello tocco un Mib, quindi si sale. La difficoltà reale è il palco di Sanremo, perché l’Ariston depotenzia in qualche modo l’esibizione, psicologicamente ci si arriva emozionati. Secchezza della bocca e affanno nella respirazione, tutto quello che serve per affrontare Tikibombom sparisce. Quindi c’è una sorta di istinto supremo che ti porta a cantare il brano.
Una performance movimentata…
A volte la regia non riesce a seguirmi, abbiamo fatto molte prove ma è cambiata nel corso delle serate. Stefano Vicario spesso interpreta in maniera artistica alcune inquadrature. Mi muovo parecchio pure con i tacchi. Non mi sono rivista, non ho voluto farlo, succederà quando il Festival sarà terminato. L’aspetto estetico e la comunicazione del corpo in un pezzo che vuole lanciare un messaggio sono importanti.
Musica e movenze in un’espressione totale?
Mi è stato chiesto di stare anche più ferma ma non riesco a trattenermi, è necessario, ne ho bisogno, è il mio modo di esprimermi.
Per quando riguarda i look hai scelto lo stile firmato Marco De Vincenzo.
Sì, innanzitutto Marco è un mio amico ed è un grande talento della moda. Sono abiti della sua ultima collezione e mi rappresentano perché molto moderni pur ripescando forme del passato, un po’ come il mio album in cui il concetto di tempo confluisce nel mio lavoro. Colori pastello con uno strappo alla regola nella serata finale.
Secondo alcuni dati, saltati fuori di recente, la presenza di interpreti femminili nel mondo è pari al 7-8% rispetto a quella maschile…
Quando Sanremo presenta poche donne al Festival non è uno sbaglio della manifestazione. L’errore è alla base, siamo poco supportate, occupiamo una sola stanza. Oggi fare musica non è difficile, a casa puoi registrare e lanciare i tuoi pezzi nell’etere sperando che qualcuno ti ascolti. Quindi è possibile saltare gli ostacoli come le barriere discografiche più dure. Molto spesso noi donne non siamo sostenute dagli ascoltatori anche se in proporzione siamo ascoltate di più rispetto agli uomini. Però numericamente siamo troppo poche. La nostra storia musicale è recente, ed è più complicato, ma ce la faremo! Mi sono resa conto che, a pari merito, una canzone d’amore scritta da un uomo pesa di più rispetto a quella di una cantautrice. Un po’ questo l’ho sofferto perché, leggendo i testi, ascoltando le composizioni, osservando il modo di cantare, ho notato una grandissima differenza. C’è una specie di discriminazione inconsapevole. Parlarne adesso significa distruggere questa corrente di pensiero e sottoporre gli uomini ad una riflessione sull’argomento. Finché non ci si ritrova nella situazione non si sa cosa vuol dire. Ad un uomo non è mai stato detto che il suo progetto musicale va avanti perché sta con qualcuno, e questo è molto avvilente. Mi auguro di essere qui per merito, non perché sono una donna. Vorrei che avessimo tutti le stesse opportunità, partendo dalla parità.
In che senso le canzoni d’amore scritte dalle donne pesano meno?
Ho la sensazione che quando un uomo scrive d’amore tutti siano lì pronti a dire “Oh, che bravo!”, ma anche noi abbiamo scritto diari a proposito. Poi leggi i testi e comprendi che le parole di una donna pesano di meno. Ci sono cantautori che, frequentemente, vengono sopravvalutati o comunque valutati meglio delle donne.
Cosa pensi dei monologhi che abbiamo ascoltato nel corso delle serate? Quale tema avresti scelto?
Vivendo Sanremo da dentro è molto difficile seguire tutto. La prima puntata sono riuscita a guardarla fino alla fine, poi sono andata a letto perché altrimenti avrei perso la voce. Mi ha colpito il discorso di Rula Jebreal. Non tanto per le parole e per il modo in cui ha affrontato un argomento potentissimo e doloroso, quanto per le sue motivazioni. Il fatto che sia una storia vera vissuta sulla sua pelle rende credibile ciò che ha detto. La ringrazio per questo.
“Siamo il vento e non la bandiera”, con un pezzo così potente dovresti essere più incavolata…
Io sono incavolata. Se dovessi raccontare tutte le ingiustizie subite per arrivare fin qui… Ma non ho voglia di scivolare nella lotta del fango. Non accetto che si dica che gli uomini siano più stupidi. Siamo uguali, voglio eguaglianza e pari opportunità. Dire che le donne sono più intelligenti rovina anni di battaglie. È bello rispettare le diversità, non lo è farsi la guerra. Fa schifo combattere. Sono arrabbiata con un modo sbagliato di lottare. E non penso che ci sia qualcuno più intelligente di un altro. In molti iniziano a scrivere e suonare per passione, ma da adolescente, quando ci si chiude in camera invece di uscire, fai i conti con te stessa. Continuamente veniamo giudicate e ho dovuto sempre difendere la mia persona perché rappresentata da questo involucro, giustificando di essere vanitosa, interessante, interessata, preparata. Sono sfide quotidiane.
Gli ostacoli nel mondo della musica per una donna sono quelli di dover recuperare le opportunità che mancano?
Ognuno di noi, al di là del genere, è responsabile di ciò che fa nella vita. Non amo fare paragoni e dire sono più di te. Se invece parliamo di ruoli nella società, sicuramente dobbiamo recuperare anni e anni di discriminazione. E, purtroppo, sembra che sia necessario farlo ricorrendo a dei giochetti per parlarne. Forse qualcosa sta cambiando e se gli uomini iniziano a mettersi nei nostri panni è una rivoluzione. Credo che ogni lotta di questo tipo sia coerente con la contemporaneità. Oggi non è più un ostacolo andare a votare, ma ogni volta è come se dovessimo prenderci un pezzo della nostra evoluzione.
Come ci si sente a ricevere sui social i ringraziamenti di persone che si identificano nelle tue parole?
Sono molto grata a chi si identifica nella mia musica, perché ho iniziato a suonare per vincere la solitudine. Scoprire che in tanti si sentivano come me è stato un grande dono della vita e, anche per Tikibombom, sono felice che il messaggio partito da me appartenga ad altri.
Prima giudice di X Factor e poi in gara a Sanremo…
Giudice e giudicato sono due ruoli diversi. Nel primo caso si parla del compito di scovare un talento, mentre nel secondo viene semplicemente data al talento la possibilità di esibirsi sul palco più importante d’Italia. Mi sono resa conto che, se non avessi partecipato al Festival, non avrei mai avuto la visibilità che solo Sanremo può dare.
Di Gustavo Marco Cipolla
Calabrese, della sua terra porta con sé il ricordo e l’abitudine di tornare se ne ha voglia. Arte, Musica e Moda sono le tre (dis)grazie che lo accompagnano. Una laurea in Relazioni Internazionali, due master in giornalismo, tanti corsi e (ri)corsi di specializzazione, ma non ha ancora finito di imparare. E non finirà mai.