“Una locomotiva a vapore scarlatta era ferma lungo un binario gremito di gente. Un cartello alla testa del treno diceva Espresso per Hogwarts, ore 11. Harry si guardò indietro e, là dove prima c’era il tornello, vide un arco in ferro battuto, con su scritto Binario Nove e Tre Quarti”.
Sono trascorsi vent’anni da quando il piccolo mago si è diretto verso il proprio futuro su un treno a vapore, portando con sé un’intera generazione di lettori. In effetti, Harry Potter apparve nella mente di una giovane J.K. Rowling proprio mentre era su un treno, e l’autrice, a sua volta, è venuta al mondo grazie a un colpo di fulmine tra i genitori alla stazione di King’s Cross. Oggi Harry e compagni non sono più adolescenti dal volto fresco, come ci mostra il nuovo episodio della saga in scena al Palace Theatre. Il leggendario teatro fin de siècle registra il tutto esaurito ogni sera, e si narra che persino gli spettri siano stati costretti a cedere i posti liberi che, per tradizione, gli venivano riservati. Anche il nostro viaggio inizia al binario 9 e ¾, che ormai è un luogo di pellegrinaggio celebrato a St. Pancras Station, con tanto di carrello piantato nella parete e negozio di souvenir.
L’edificio in stile gotico, uno dei più grandi costruiti nell’epoca vittoriana, accoglie chi arriva sulle linee ad alta velocità da Parigi o Bruxelles, ma è anche il luogo di transito per infiniti e anonimi pendolari. Una volta usciti all’aria aperta ci si ritrova nel bel mezzo di Londra, a guardare il cielo del “colore della televisione sintonizzata su un canale morto”, e per un attimo ci si sente persi. “Come sarebbe il passato se il futuro fosse accaduto prima?”, si chiedeva lo steampunk qualche anno fa, immaginando un’evoluzione tecnologica dominata dalle macchine a vapore. Per noi, la vera domanda è: come sarebbe il presente se il futuro fosse accaduto davvero? Se lo chiedono molti dei 300.000 italiani che a quanto pare vivono a Londra, la sesta città del bel paese. Qualcuno ha scritto che qui “si vive peggio, ma si sta meglio”, qualcun altro lamenta la miseria dei nuovi emigranti, la precarietà che li segue ovunque o il clima xenofobo che ha accompagnato la Brexit. Ma tutti continuano ad approdare nella capitale inglese in cerca di un’idea di futuro, o solo di una tregua dalle incombenze di un paese per vecchi. D’altra parte, nel Regno Unito si fabbrica l’avvenire da parecchio tempo, e non a caso il fantastico è uno dei generi letterari di riferimento. Qui affondano le radici anche i sottogeneri della fantascienza, quelli in cui non solo si scommette su un mondo potenziale, ma s’immagina un futuro “posteriore”.
Così, passeggiando per Euston Road ci lasciamo sedurre dall’estetica del periodo vittoriano ed edoardiano, un’atmosfera in cui si credeva ancora nelle “magnifiche sorti, e progressive” della storia.
Ci piace ricordare il futuro come lo immaginavamo un tempo, oggi che il futuro è solo un luogo dell’immaginario. Ce ne rendiamo conto passando in rassegna videogiochi come Dishonored e Bioshock Infinite, film come Hugo Cabret e serie televisive come Penny Dreadful, la raffinata produzione Showtime che prende il titolo dalla letteratura popolare britannica dell’ottocento (gli “spaventi da un penny”), e vede tra i protagonisti Dorian Gray e Victor Frankestein.
Poco dopo ci ritroviamo all’ingresso della, dove ci accoglie la statua di Newton intento a tracciare chissà quale rotta verso ignote conoscenze. Qui, oltre ai tesori per bibliofili custoditi nella John Ritblat Gallery, troviamo una mostra dedicata proprio agli intrattenimenti vittoriani, e una rassegna delle opere di Sir Quentin Blake, l’illustratore de La Fabbrica di Cioccolato e di tanti grandi romanzi di Roal Dahl.
Quando torniamo in strada il cielo si rannuvola, e ci dirigiamo verso la metro per addentrarci nel West End. Nei vagoni, sfogliamo le pagine che H.G. Wells scriveva all’inizio del 900: “Guardate per esempio, a Londra, la ferrovia metropolitana, le linee ferroviarie elettriche create da poco, i sottopassaggi, i laboratori e i ristoranti sotterranei che si vanno moltiplicando sempre più in fretta. Evidentemente, pensavo, questa tendenza si era sviluppata in maniera tale da togliere a ogni ramo dell’industria il diritto di vivere alla luce del giorno; talché essa si era sprofondata nel sottosuolo con tutte le sue fabbriche, restandovi sempre più a lungo, fino a prendervi stabile dimora. E anche adesso un operaio dei sobborghi non vive forse in condizioni altrettanto artificiali, tagliato praticamente fuori dalla superficie della terra?”
Il libro è La macchina del tempo, ed è lo stesso in cui lo scrittore britannico ci presenta gli Eloi e i Morlock. Fragili creature destinate a una vita di svaghi le prime, esseri deformi costretti ad abitare il sottosuolo i secondi.
Noi, invece, ritorniamo in superficie a Piccadilly, ed entriamo nell’omonimo mercato a St. James’s Church per curiosare tra fossili, cannocchiali da corsari, lenti d’ingrandimento à la Sherlock, caleidoscopi portatili e “candele di sego che luccicano fra le derrate offerte dalle bancarelle”.
Ma quando ci viene fame ripensiamo ai Morlock, e ci avviamo verso Earlham Street per mangiare un piatto di patatine da Belgo Centraal, un suggestivo ristorante sotterraneo dal design industriale. Da Covent Garden proseguiamo fino a Cecil Court, una piccola via incorniciata dalle splendide facciate vittoriane e dalle insegne dei negozi che la fiancheggiano. In questa strada dove ha vissuto Mozart – e J.K. Rowling ha trovato ispirazione per Diagon Alley – si possono ammirare scarpe da ballo, cimeli militari, carte nautiche e persino i gioielli di Downton Abbey, prodotti da un artigiano locale appositamente per l’acclamata serie. Ci fermiamo nella libreria Marchpane, ad ammirare prime edizioni firmate e memorabilia di saghe cult, tra cui i Dalek del Doctor Who.
Infine ci allontaniamo dal centro per dirigerci verso la City, e fare un’altra sosta dedicata allo shopping “vittoriano”: il Leadenhall Market vale una visita anche solo per la sua architettura, ma ha l’ulteriore attrattiva di ospitare un negozio di penne che potrebbe benissimo vendere bacchette magiche.
Lasciamo i fasti vittoriani per addentrarci nella più prosaica East London, patria degli hipster. Sono anni che si annuncia la fine di questa sfuggente categoria umana, e senza trattenere i sospiri di sollievo. Tuttavia, mentre sorseggiamo il nostro “flat white coffee” alla Old Shoreditch Station, stazione in disuso riconvertita in bar/spazio espositivo, ci troviamo a ripeterci: “Gli hipster sono morti, viva gli hipster”. Baffi a manubrio, tatuaggi da marinai di lungo corso, design e cultura underground: i tratti caratteristici di questa sorta di comunità nascono a Shoreditch quanto a Williamsburg. Per molti si tratta di poco più di uno stile di consumo, i cui simboli di ribellione sono già stati assorbiti dalla classe dominante. Ma a East London si avverte ancora il fermento di una creatività che non vuole essere solo una posa.
Il momento di lasciare la metropoli britannica arriva presto, e quando saliamo sul treno che ci riporta verso una delle stazioni principali, sfogliamo le pagine che Gibson e Sterling scrissero quasi cento anni dopo H.G. Wells, all’inizio de La macchina della realtà. “Ricorda la sua vita a Londra. Ricorda se stessa tanti anni prima, mentre si fa strada lungo lo Strand, si infila tra la folla a Temple Bar. Prosegue, mentre la città della Memoria si avvolge intorno a lei…”.
SHOREDITCH SU DUE RUOTE
Se è vero che la bicicletta sta agli hipster come il cavallo ai cowboy, bisogna approfittare delle giornate di sole per esplorare Shoreditch su due ruote. Per chi cerca un po’ di pace, e un’inaspettata atmosfera bucolica, l’ideale è un giro sulla ciclabile di Regent’s Canal, il corso d’acqua che pullula di bar e gallerie sul lungofiume, oltre a offrire scorci segreti di alcune delle più amate attrazioni di Londra. E ancora, esattamente a Hoxton Station, ci si può rilassare nel cortile del Geffrey Museum, prima di godersi l’esposizione (gratuita) del museo di arredamento, con la sua splendida sala di lettura affacciata sul giardino. La sera, poi, basterà una breve pedalata per fare un salto a Hoxton Square, e sentire qualche nuovo gruppo nella sala sotterranea dell’ormai storico bar Zigfrid von Underbelly.
1901 è la cover di Birdy di un noto singolo dei Phoenix. Il testo alterna velati riferimenti alla Parigi dell’epoca di Jules Verne e scene da una storia d’amore. Il video di Birdy è stato girato a Brick Lane, iconico quartiere di East London, e restituisce con toni accorati le intermittenze del cuore di una deliziosa coppia di hipster, raccontandoci la precarietà dei sentimenti, oltre che del futuro.
Citazioni
Harry Potter e la pietra filosofale, J.K. Rowling, Salani, Milano, 1998
La macchina del tempo, H.G. Wells, Bur, Milano, 1975
La macchina della realtà, W.Gibson; B. Sterling, Mondadori, 1990