Il riscaldamento globale è ancora uno dei temi per cui si dibatte molto, senza che però questo dibattito scientifico e politico porti a risultati concreti. La maggior parte degli scienziati sono sempre più preoccupati e lanciano l’allarme sul fatto che il tempo scorre e più scorre più sarà difficile trovare una soluzione. Per proporre un “carbon pricing” è stata lanciata un’iniziativa dei cittadini europei (Eci) “Stop Global Warming”, che chiede alla Commissione Europea di elaborare una nuova proposta legislativa. Per raggiungere l’obiettivo serve presentare un milione di firme provenienti da almeno 7 Paesi. Ne parliamo con Marco Cappato, che da poco ha lanciato il progetto Eumans ed è uno dei promotori della raccolta firme.
Mi parli della petizione europea che avete presentato?
Siamo nel mezzo di una crisi economica disastrosa, per la quale ci sarà bisogno di enormi investimenti pubblici. È il momento giusto per puntare su uno sviluppo sostenibile, per evitare che la crisi climatica faccia presto più disastri del coronavirus. Con le firme su www.stopglobalwarming.eu ciascuno può chiedere che si spostino le tasse dal lavoro alle emissioni di CO2, con un sistema di prezzo minimo europeo sulle emissioni di CO2. L’introito, di circa 180 miliardi l’anno, potrebbe essere usato per favorire il risparmio energetico e ridurre il carico fiscale sul lavoro dipendente.
Perché nonostante si parli da anni di cambiamento climatico, fino ad ora si è fatto così poco?
La politica guarda sempre al breve termine, alle prossime elezioni e alla dimensione nazionale. In questo modo non si riescono ad affrontare i grandi problemi del nostro tempo, che non si fermano ai confini. Vale per il coronavirus come per il cambiamento climatico. Ai politici non sempre manca la buona volontà, il più delle volte sono impotenti perché intrappolati nelle logiche del consenso immediato.
Dopo mesi di manifestazioni per il Fridays for Future, cosa si può fare di pratico?
Bisogna sempre partire da se stessi, dai comportamenti concreti. Però non basta, altrimenti l’ambientalismo si ridurrebbe a una forma di moralismo. Servono la politica e le proposte, dal livello locale a quello globale. La dimensione europea è fondamentale perché l’Unione Europea può prendere la leadership di fronte al disinteresse o all’ostilità sul tema da parte di Xi Jinping, Putin, Trump e Bolsonaro.
L’Italia sembra essere indietro sulle tematiche ambientali. In moltissimi paesi le tematiche ecologiche sono diventate centrali nel dibattito politico, perché in Italia stentano a divenirlo?
In Italia la politica è ostaggio dell’ideologia e della faziosità. In altri paesi europei l’ambientalismo è una forma di pragmatismo, per questo ha successo, perché viene valutato per come migliora la qualità della vita, non per i colori dei governi.
Quali sono i punti di forza della vostra proposta?
L’iniziativa dei Cittadini Europei per il “carbon pricing” coniuga economia di mercato e lotta ai cambiamenti climatici. È un’alternativa sia a chi dice che si potrebbe andare avanti senza problemi inquinando come si è fatto finora, sia a chi pensa che la soluzione sia distruggere il capitalismo. Attribuendo un prezzo alle emissioni di CO2 si incentiva il risparmio energetico e le fonti rinnovabili, ma con un approccio non dirigista che lascia spazio all’economia di mercato e all’innovazione.
Spesso ci chiedono di firmare mille petizioni che poi non portano a molto, perché la vostra è differente?
L’Iniziativa dei Cittadini Europei ha valore formale, è uno strumento previsto dai Trattati Ue. Se si raggiunge un milione di firme, la Commissione Europea è obbligata a dare audizione ai proponenti e a fornire una risposta motivata, attivando il proprio potere di iniziativa legislativa oppure spiegando le ragioni del diniego.
Credi che i cittadini europei abbiano compreso che possono incidere nelle politiche dell’Unione, magari votando con consapevolezza al Parlamento Europeo, seguendone i lavori sui giornali e siti internet o proponendo o anche solo firmando petizioni come la vostra?
Il cittadino è ancora molto distante dall’Unione Europea, e questo significa, sia che la democrazia europea è ancora debole, sia che quei pochi strumenti che esistono, come quello attivato da noi, non sono conosciuti. La nostra campagna prosegue senza che esista un servizio pubblico di informazione per spiegare ai cittadini come possono firmare.
Pensi che il sistema economico italiano abbia compreso che l’ecologia è innovativa, che significa ricerca scientifica e tecnologica e non bloccare tutto?
Nel mondo delle imprese c’è di tutto, innovatori e conservatori, come in ogni campo, e l’intervento dello Stato spesso non aiuta. In Italia, i sussidi diretti o indiretti alle fonti fossili di energia valgono almeno 16 miliardi di euro. Come nel caso dei comportamenti individuali, non bisogna essere moralisti e stare ad aspettare che evolvano le sensibilità, magari per quando sarà troppo tardi. Bisogna creare un interesse economico forte a vantaggio degli innovatori. Un prezzo minimo sulle emissioni di CO2 servirebbe anche a quello.
Di Luca Fortis
Giornalista professionista, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Cattolica di Milano. Un pizzico di sangue iraniano e una grande passione per l’Africa e il Medioriente. Specializzato in reportage dal Medio Oriente e dal Mediterraneo, dal 2017 vive a Napoli dove si occupa di cultura e quartieri popolari e periferici.