“La polizia sta terrorizzando e stuprando i residenti delle favela. Hanno ucciso e gettato due uomini in un burrone, la situazione sta peggiorando” aveva scritto Marielle prima di morire. Nera, lesbica e paladina dei diritti umani e civili, Marielle Franco si batteva da anni per gli abitanti delle favelas e combatteva il controverso decreto che prevede l’affidamento della pubblica sicurezza all’esercito. Aveva criticato pesantemente l’operato della polizia militare, definendo il corpo speciale incaricato per queste operazioni “battaglione della morte, che uccide i nostri giovani”.
Si è trattato di una vera e propria esecuzione. Mercoledì mattina, l’auto su cui viaggiava è stata attaccata da tre, forse quattro sicari che hanno sparato cinque colpi uccidendo Marielle e l’autista, Anderson Pedro Gomes. Rio de Janeiro si è immediatamente paralizzata.
Marielle Franco era consigliera del Partido Socialismo e Libertade, eletta con 46mila voti. Volto nuovo della politica brasiliana, era molto amata dall’opinione pubblica. Madre a 19 anni, laureata in pubblica amministrazione e specializzata nelle Upp, le Unità di pacificazione create ai tempi di Lula e della Rousseff, era dichiaratamente lesbica. “Dobbiamo raccontare al mondo cosa sta accadendo ad Acari” aveva scritto su Facebook, “dobbiamo gridare e far sapere a tutti l’azione brutale e selvaggia della polizia”.
L’attentato a Marielle arriva subito dopo quello a Sérgio de Almeida Nascimiento, ambientalista dell’Amazzonia brasiliana, che da anni si batteva per i diritti delle popolazioni indigene. Secondo la stampa brasiliana e gli analisti politici, in entrambe le esecuzioni è implicata la Polizia federale. Tv Globo ha rivelato che i proiettili usati per uccidere Marielle e il suo autista provengono da un lotto venduto dall’azienda CBC alla polizia di Brasilia nel 2006.
Ieri, in migliaia sono scesi in piazza per protestare contro l’omicidio di Marielle.