In tanti lo hanno definito un miracolo economico in cui nessuno, o quasi, credeva. Il Portogallo, da alcuni anni, ha lanciato a Bruxelles una sfida, da sinistra. E l’ha vinta. Oggi vive un boom senza precedenti nella sua storia, trainato da export, turismo e investimenti nel sociale.
Solo alcuni anni fa, il Portogallo era sull’orlo del fallimento. Gli aiuti della troika (Commissione Europea, Bce e Fondo Monetario) hanno imposto feroci sacrifici e tagli su pensioni e salari. Con l‘ex governo della destra di Coelho, la risposta dell’austerity si è così abbattuta anche su Lisbona. L’esecutivo ha aumentato l’iva, soppresso 4 festività, allungato gli orari di lavoro, abbassato gli stipendi dei dipendenti pubblici ed eliminato le tredicesime. Poi, due anni fa, una coalizione di socialisti, radicali e comunisti ha vinto le elezioni. E il nuovo governo di Antonio Costa ha optato per la svolta.
Il nuovo esecutivo è riuscito a rispettare i vincoli di bilancio, ma anche a cancellare alcune riforme dettate dalla Troika. Ha aumentato, ad esempio, le pensioni minime e i salari più bassi. Ha ridotto le tasse sul ceto medio e aumentato quelle sui ricchi. Ha anche introdotto l’esenzione decennale dell’Irpef ai pensionati europei che si trasferiscono in Portogallo.
Oggi gli indicatori economici del paese sono (quasi) tutti positivi, l’economia è ripartita, il consenso verso il governo rosso verde di Costa è ai massimi storici e l’euforia è palpabile in una Lisbona che vive un boom turistico senza precedenti, dovuto anche alla paura degli attentati che ha svuotato altre metropoli, Parigi in testa. La capitale portoghese è un cantiere aperto. Sorgono, ovunque, ristoranti, bar e spazi per la cultura. Come il Maat, il nuovo Museu de Arte, Arquitetura e Tecnologia – opera dello studio inglese AL_A di Amanda Levete – aperto appena due anni fa con l’obiettivo di portare in città 500.000 visitatori ogni anno.
L’Ocse elogia “l’economia portoghese che migliora progressivamente grazie ad un ampio programma di riforme strutturali dopo una pesante recessione”. Il Portogallo è cresciuto del 2,7% nel 2017, sopra la media dell’Eurozona di circa mezzo punto percentuale. Ha visto scendere il tasso di disoccupazione all’8,1% del mese scorso, dal 10,5% di un anno prima, un dato più che dimezzato rispetto all’apice del 17,7% toccato nel corso del 2013. In un quadro di ottimismo e euforia, aumenta tuttavia l’inflazione, ma nella stessa media degli altri paesi dell’Ue. E sale anche il costo della vita, il prezzo del boom che soprattutto Lisbona paga, nel mercato immobiliare, come nella vita di ogni giorno.
Il piccolo Portogallo (i suoi abitanti sono appena 10 milioni) è l’unico paese in cui la sinistra non è in crisi. Secondo gli ultimi sondaggi, il gap tra centro destra e forze progressiste è di ben 27 punti percentuali, tanto da diventare un modello per le sinistre europee. La classe dirigente portoghese è di livello internazionale e la cultura della sua gente è cosmopolita, eredità di quel passato di grandi navigatori come Vasco de Gama e Bartolomeu Dias.
Il governo e le amministrazioni locali puntano sulla crescita ma anche sulla solidarietà. A Lisbona sono circa 800 le persone costrette a vivere in strada. Per dare loro un aiuto concreto, una associazione benefica – Associação Conversa Amiga – ha messo a disposizione degli armadietti chiusi con lucchetti per conservare e proteggere i propri beni, tra cui vestiti, coperte e materiale per l’igiene personale. Gli armadietti vengono concessi gratuitamente ai senza fissa dimora per un anno, basta che si impegnino a non tenervi nulla di illegale. Altre iniziative di solidarietà stanno nascendo in tutto il Portogallo, come la nuova mensa della Ong “Casa” ad Azeitao o i chioschi della salute per i più poveri.
In tanti sono ancora in cerca di un lavoro ed è evidente come i profondi problemi dell’economia portoghese non siano stati totalmente risolti. Ma la ricetta economica del premier Costa ha dato i suoi frutti e la ripresa non è più una promessa, ma una felice realtà.