Se Sanremo è lo specchio dell’Italia, anche al festival c’è tanto da dimenticare. Oltre le canzoni memorabili, entrate nella storia e nell’immaginario di tutti, ci sono anche tante esibizioni, pezzi e look catastrofici. 69 anni di orrori ed errori. Dal giovanissimo Nek antiabortista alle teorie riparative (per “curare” l’omosessualità) di Povia, ecco il peggio della kermesse nazional popolare più amata (e odiata) d’Italia.
Una canzone antiabortista cantata da un Nek impacciato, meno intonato di una campana e vestito in stile Cresima anni 90 nella provincia italiana. Tanta retorica inutile e spicciola per una Rai piccola in un Paese mal governato dalla peggiore Dc, qui in veste festivaliera. Dopo “le perle” di Povia, la canzone, forse, più brutta di sempre.
Tre minuti e tante stecche.Le 5 Spice Girls nostrane plasmate dal programma televisivo Popstars, per fortuna, sono durate molto poco.
Scritta da Umberto Balsamo, la canzone si scaglia contro la clonazione umana. Eppure era solo il 1988 e non ci risulta che, in quegli anni, nel mondo i bambini si potessero comprare al supermercato, costruendoli “biondi e con gli occhi azzurri”. Il trio più famoso d’Eurasia resta però una presenza cult e irrinunciabile nella storia del festival.
Forse la colpa più grande del festival è aver dato la notorietà a Dj Francesco. Nessun talento, ma un cognome importante per l’ex “giovane della musica italiana” oggi portabandiera del sovranismo salviniano. Va in scena la fiera degli incapaci in prima serata.
Dimenticato da tutti, ma nessuno ne ha mai sentito la mancanza. Miracoli di Sanremo.
L’intro è oltre il trash. Il resto prosegue tra l’angoscia e il surreale per questo splendido inno per ecoterroristi.
Cantata da un gruppo di vecchie glorie della musica italica, ha riportato a Sanremo una decina di reperti archeologici, accompagnati dalla “giovane” Manuela Villa. Ma il pezzo “Terra di mille stranieri che qui trovano l’amore e non partono più” oggi avrebbe causato un travaso di bile ai salviniani. Altri tempi.
Una canzone banale e inutile. Non era ancora iniziata sua la crociata anti-migranti, anti-donne e anti-matrimoni gay, ma la “ballerina sovranista” d’Italia già spiccava per inulitità.
Siamo donne è entrata di diritto nell’immaginario trash di ogni italiano nato prima degli anni novanta. Ogni cattiveria ci sembra tuttavia fuori luogo: le due showgirl portano sul palco se stesse con tutta la loro genuinità sfrontata, pecoreccia e irriverente.
Marito e moglie, catapultati tra i big senza ragione alcuna, vincono e poi spariscono nel baratro. Ma la canzone è ormai di diritto tra i maggiori scheletri nell’armadio del festival.
Emanuele Filiberto torna in Italia (a cui solo 3 anni prima aveva chiesto 90 milioni di euro di “risarcimento danni”) con una canzone stucchevole e finta. Con Pupo e Luca Canonici. Cosa altro aggiungere?
https://youtu.be/KW7lfUC-_00
Poiché all’orrore non c’è limite, al festival mancavano solo leteorie riparative per “curare” l’omosessulità. Ci ha pensato Povia con un inno all’Inquisizione. No, non siamo in Arabia Saudita ma nell’Italia bigotta del 2009. Il cantante supera così se stesso portando al festival una canzone ancora più brutta della sua “Vorrei avere il becco” del 2007. Due pezzi tra i peggiori della storia, un bel primato per un nome a cui non serve aggiungere altro.