Just Another Gender Theory è un progetto fotografico di Filippo Romanelli, classe 1977, nato in Cilento e laureato alla Fondazione Studio Marangoni di Firenze.
Il libro, pubblicato da Crowdbooks Publishing, è stato finanziato attraverso una campagna di crowdfunding; la prefazione è di Elisa Virgili, ricercatrice e insegnante che si occupa di studi di genere e queer theory.
Il libro è diviso in due sezioni principali, la prima contiene una visione e un’interpretazione originale dell’autore sull’argomento. La seconda parte, è composta da 6 interviste a persone che non si identificano in un solo genere o che hanno effettuato una transizione sessuale.
Il formato del libro è intimo, il materiale cangiante della copertina che irradia i colori dell’arcobaleno e che, inevitabilmente, cattura l’attenzione dei nostri occhi è stato scelto apposta a supporto del contenuto del libro, infatti cambia colore a seconda dell’angolazione attraverso la quale la si guarda. La seconda parte del libro, è stata realizzata graficamente e tecnicamente incollando a mano dei fogli che raccolgono i testi delle interviste.
Il tono cangiante della copertina racchiude infatti al suo interno una riflessione acuta e non banale della tematica gender. I testi e le fotografie, si distaccano da argomenti stereotipati e dalla retorica dell’argomento.
Prima di venire al mondo, per qualche mese siamo considerati esseri neutri, liberi, puri. Nel momento in cui il feto inizia a svilupparsi, ci vengono però affibbiate delle lettere che stabiliscono chi saremo e cosa faremo nella vita.
Dopo la nascita, una serie di costrizioni ed etichette sociali, orientano le nostre azioni ma, non tutti riescono a stare all’interno di questi schemi precostituiti. E nessuno, probabilmente, ha il diritto di dire se questo sia giusto o sbagliato.
L’INTERVISTA | FILIPPO ROMANELLI
Perché in questo libro si parla di tante “teorie gender” e non di una sola?
Innanzitutto perché la multiforme natura dell’identità umana non può essere rinchiusa all’interno di un’unica interpretazione. Esistono numerosi modi di vivere la propria esperienza di vita in relazione al genere. Ma soprattutto perché nel lavoro il genere è visto per quello che è, come una realtà fluida, come un continuum di possibilità ai cui estremi si collocano le due opzioni binarie maschio e femmina. Opzioni duali, che coloro che parlano di una fantomatica “teoria del gender” cercano di difendere come garanti dell’ordine naturale.
Questa definizione di Gender Theory, usata per la prima volta dal Consiglio Pontificio, non solo cerca di delegittimare gli studi di genere ma anche di privare l’essere umano della possibilità di autoderminare la propria esistenza, il proprio corpo, i propri desideri.
Il titolo del libro ironicamente preannuncia il modo in cui ho lavorato sul genere. Usando stereotipi e categorizzazioni per decostruirli.
Come si riesce a stare in armonia con se stessi? Come si fa a fare a meno di quello che pensano gli altri? Che sensazione si prova a essere liberi?
Sono queste domande a cui è difficilissimo rispondere in quanto ogni essere umano vive in maniera unica e personale il proprio essere individuo ed insieme parte di una comunità.
Quello che so è che attraverso il progetto ho avuto la possibilità (e la fortuna) di incontrare persone che, passando attraverso un percorso complesso e a volte doloroso, sono riuscite ad affermare con fierezza e dignità il proprio esserci rivendicando il diritto di autodeterminarsi, di vivere liberamente il proprio corpo e la propria sessualità.
Pedro, uno dei protagonisti delle storie, sostiene che tutti, indistintamente, abbiamo un equilibrio fra due forze, quella femminile e quella maschile. Lui cerca di conoscersi, di scoprirsi all’interno di queste due forze, di creare un equilibrio anche se nato di sesso maschile.
Egon, un altro protagonista del progetto, transessuale FtM, è riuscito a liberarsi dal pregiudizio dell’ambiente circostante grazie all’esempio dei suoi figli.
“I bambini non essendo, prima di una certa età, ancora fortemente strutturati nelle nostre categorie non si creano problemi. Sono solo gli adulti a farsene. Attraverso i miei figli mi sono anche accorto di quanto per me fosse forte l’imbarazzo di fronte agli altri adulti. Non per me, che sono visibile e sono un attivista, ma quasi perché avvertissi un senso di disagio e colpa per l’imbarazzo degli altri. Sono stati proprio i bambini a farmi capire che questo imbarazzo dovevo eliminarlo.”
In relazione alla sensazione di libertà, proprio a sottolineare l’unicità di ogni esperienza umana, riporto il pensiero di Gabriele, intersessuale.
Molte persone intersessuali vengono cresciute orientandole, forzandole verso un sesso piuttosto che un altro così che in età adulta reclamano la libertà di scelta che non gli hanno dato da bambini. Lui ha sempre avuto quella libertà. I suoi genitori gli hanno dato la possibilità di sperimentarsi, dando prova di grande sensibilità, ma lui avvertiva anche il peso e la pressione di quella libertà.
”La massima libertà a volte significa sentirsi in mare aperto. La libertà deve anche essere una conquista, se tu nasci libero è crisi.”
La scelta grafica ed editoriale del libro è molto interessante. Come mai hai deciso di utilizzare all’interno del progetto foto di archivio, ritratti, frammenti di quotidiani e still life? Trovo interessante l’uso di citazioni, poesie e canzoni…
Quello che ho cercato di fare è stato sviluppare un discorso articolato sul genere. Partendo dal modo in cui sono statie vengono costruiti (ad iniziare dalla religione) i concetti di maschio e femmina, passando attraverso una riflessione sui rapporti di potere e diseguaglianza fondati sul genere, ed ancora attraverso le storie delle persone che ho avuto la fortuna di conoscere.
Questa complessità necessitava di una varietà di sguardi che riuniti riuscissero a dare un filo al discorso.
In numerosi punti del progetto ho inserito immagini di archivio legate alla mia esperienza di vita proprio a sottolineare che il genere è una una realtà fondante nella vita di tutti, davvero nessuno escluso.
Ho invece cercato di utilizzare il ritratto come riflessione e discorso sull’identità, utilizzando una visione frontale che cercasse di essere specchio di una modalità di rapporto diretto, onesto, rispettoso nei confronti del soggetto fotografato, capace di mostrarne la dignità, la fierezza e la bellezza.
L’attenzione al quotidiano è legato anche all’idea che lo lo spazio privato potesse divenire un territorio sovrano in cui per i protagonisti fosse stato possibile sentirsi intimamente liberi, senza i condizionamenti che la sfera pubblica può implicare.
Gli still life, le citazioni di poesie e canzoni mi hanno permesso di lavorare sul mio immaginario sul tema, su simboli radicati, ricordi, sogni, riferimenti culturali e religiosi. Una sorta di voce interiore che attraverso il suo vissuto, la sua cultura, si confronta con le storie ed il tema trattato fra punti di contatto e di scontro.
Quali sono stati i benefici di utilizzare Crowdbooks per raccogliere fondi e pubblicare tramite la piattaforma editoriale?
Essere sostenuto da una piattaforma editoriale come Crowdbooks è stato importante non solo nella prima fase di raccolta fondi ma soprattutto nei momenti successivi. Dalla redazione dei testi, alla definizione della forma del libro, dalla distribuzione alla promozione, il supporto e la competenza di una struttura specializzata nell’editoria di libri fotografici e illustrati può fare la differenza.
È interessante la scelta dei contenuti multimediali…
L’idea è quella di permettere al lettore curioso la possibilità di approfondire la visione attraverso contenuti e informazioni aggiuntive.
L’esperienza della multimedialità e della realtà aumentata offerta dal libro si sposa del resto benissimo con l’idea di fluidità e di libertà di scelta che ne è alla base.
A chi è dedicato il libro?
Il lavoro è dedicato a tutte e persone che prendono posizione.
Che scelgono di vivere, qualunque sia il costo, nel mood della libertà e dell’autoderminazione dei propri desideri.