Il gambling non è una questione per soli uomini. La campagna contro il gioco d’azzardo patologico in genere concentra la propria attenzione sulla componente maschile della popolazione, tralasciando una percentuale notevole dei clienti del mercato. L’immagine del classico scommettitore vede una preferenza per l’uomo, magari in pensione o disoccupato, che cerca il colpaccio in grado di cambiargli la vita. Recenti dati dimostrano che non sempre è così, e le donne stanno assumendo un ruolo impossibile da ignorare all’interno del settore.
Iniziamo da una serie di considerazioni generali sull’industria dell’azzardo in Italia. Il Decreto Dignità emanato dal governo Lega-5 Stelle ha cercato di regolare la quantità di denaro circolante nel gambling, diminuendo la pubblicità e quindi il potenziale raggio d’influenza sui giocatori. I risultati concreti saranno disponibili soltanto tra qualche anno, quando le aziende di scommesse vedranno davvero terminati i contratti in essere e i nuovi maggiorenni si troveranno in un mondo meno bombardato di pubblicità sul tema. Nel frattempo, il sito Giochidislots ha pubblicato dei dati che sottolineano come il 36,4% di italiani hanno puntato. Più di uno su tre, non una percentuale irrisoria. Solo un quarto di questi gioca in modo saltuario, il 3% viene fatto coincidere con la definizione di giocatore problematico. L’obiettivo dello Stato è intervenire su questo 3%, per quanto il sistema del divieto pubblicitario potrebbe non essere il migliore. Soprattutto perché rischia di sottovalutare, se non ignorare, le “quote rosa” del settore azzardo.
Dal report emerge che il 29% degli scommettitori italiani è costituito da donne. Ora ripensate all’immagine che avete del giocatore tipo, o della situazione che pensereste di trovare all’interno di un mini-casinò. Il numero di persone del gentil sesso in un simile ambiente nella realtà è molto più alto di quello della vostra immaginazione. Le donne stanno conquistando il settore del gioco d’azzardo, con numeri in crescita esponenziale. Risulta difficile trovare una “categoria” di giocatrici, come invece si è spesso fatto per gli uomini cercando di trovare un identikit basato su età e lavoro. Resta la percezione, spiegata da alcuni psicologi, che sia più impegnativo individuare una donna con una dipendenza evidente. Soprattutto perché si è rilevato che per il gentil sesso risulta più complicato, a livello psicologico, chiedere aiuto.
In questo processo il ruolo di internet sta diventando sempre più rilevante. Non a caso la dipendenza da shopping è aumentata in modo esponenziale con l’esplosione delle app e dell’e-commerce. Con il gioco d’azzardo il procedimento è simile, in quanto garantisce velocità di esecuzione e soprattutto totale anonimato nei confronti della società. Perché, ammettiamolo, il fatto che l’immaginario collettivo escluda ancora (quasi completamente) la donna dal settore del gioco d’azzardo ha un impatto emotivo su chi ha un’ossessione compulsiva nei confronti delle scommesse. Poter puntare da casa propria tramite smartphone, tablet o PC è una possibilità che gioca a favore dell’esclusione, non della condivisione della ludopatia. Il primo passo per combattere la diffusione del virus dell’azzardo compulsivo è quindi riconoscere l’importanza delle giocatrici, impedirne l’isolamento e promulgare una cultura contraria all’incolpare automatico di chi cade nel vizio. Tutte strade complicate da percorrere, che ancora non sono state prese in considerazione.