Michele Emiliano rompe il silenzio e resta nel Pd. Confermando quanto anticipato dall’Ansa, il governatore pugliese ha ufficializzato la sua candidatura alla guida del partito durante la direzione di ieri. “Resto nel Pd e mi candido, Renzi è contento della rottura”, ha detto Emiliano. La direzione ha dato il via libera alla commissione che definirà regole e date del congresso e delle primarie. Ad andare via dal Pd sono quindi gli altri due leader della sinistra interna: Enrico Rossi e Roberto Speranza.
Confermano l’abbandono al Pd sia Rossi che i bersaniani
Il presidente della Regione Emilia Romagna, Enrico Rossi, uno dei tre leader della minoranza Pd, ha annunciato un nuovo gruppo parlamentare di fuoriusciti di sinistra a sostegno di Paolo Gentiloni. Anche Roberto Speranza e gli altri esponenti dell’area di Sinistra Riformista hanno annunciato l’abbandono del Pd. Pierluigi Bersani ha parlato, domenica, al programma di RaiTre In 1/2 ora. “Sono di sinistra – ha detto – e non sopporto di vedere un livello di disuguaglianza così aberrante. Sarà anche lui di sinistra, ma perdiamo rapporti con un pezzo di Paese. Lavoratori insegnanti e piccoli imprenditori non ci capiscono”.
I motivi della possibile scissione
La frattura ha origini lontane: le politiche sociali ed economiche renziane – per la minoranza – troppo liberiste, i contrasti con la Cgil, i rapporti privilegiati con Marchionne e Confindustria e, soprattutto, lo scontro sul Referendum Costituzionale. Ed ora il tema della data delle elezioni politiche e del Congresso del Pd.
La risposta di Matteo Renzi
Matteo Renzi ha disertato l’Assemblea di ieri ed è partito per la California. Alle parole della minoranza dem ha risposto così: “Non si può chiedere a una persona di non candidarsi perché solo questo evita la scissione. Avete il diritto di sconfiggerci, non di eliminarci”. E ha aggiunto: “Peggio di ‘scissione’ c’è solo la parola ricatto”.